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Mercoledì 11 ottobre la Fondazione Centro Studi Doc ha presentato alle consultazioni al Ministero della Cultura le proprie proposte per il Codice dello Spettacolo.

Le prime consultazioni del Governo sul Codice dello Spettacolo

Mercoledì 11 e giovedì 12 ottobre il Ministero della Cultura ha invitato associazioni, organizzazioni e operatori dello spettacolo alla consultazione sul tema del Codice dello Spettacolo. Si tratta delle sigle che il Sottosegretario Giancarlo Mazzi aveva già invitato a inviare le proprie proposte entro l’11 settembre scorso. Una call alla quale aveva partecipato anche la Fondazione Centro Studi Doc con una serie di proposte elaborate nel corso degli anni.

Dopo anni di audizioni sui temi dello spettacolo in videoconferenza a causa dell’emergenza Covid-19, questa è stata la prima audizione realizzata di persona, nonché le prime organizzate sul tema dal nuovo Governo. Le consultazioni si sono svolte alla sede del Ministero a Roma e hanno visto la partecipazione di sindacati, associazioni di categoria (come l’Alleanza delle Cooperative Italiane), associazioni di settore per teatro, danza e musica, e realtà più tecniche, tra le quali anche la Fondazione Centro Studi Doc.

Per le diverse realtà che hanno partecipato, queste consultazioni sono state l’occasione non solo per discutere di alcuni temi specifici (come l’indennità di discontinuità), ma anche per riprendere il confronto con il Ministero sul bisogno di effettuare una riforma complessiva del settore. Un’esigenza che con l’avvento della pandemia è diventata sempre più evidente e che è condivisa da tutte le realtà che operano nello spettacolo.

Il fondamento del Codice dello Spettacolo deve essere una visione della cultura come bene primario ed essenziale

L’intervento in audizione della Fondazione Centro Studi Doc è stato aperto da una premessa della direttrice Francesca Martinelli.

La direttrice ha chiarito che i punti di riforma che sarebbero stati a breve enunciati sono il risultato di anni di elaborazione. Il centro studi, infatti, si radica in oltre 30 anni di conoscenza e lavoro nel settore dello spettacolo, in particolare dei lavoratori e delle lavoratrici discontinue, ed è da tempo che lavora per proporre riforme del settore spettacolo. Negli ultimi anni, l’elaborazione si è particolarmente arricchita anche grazie al confronto con le oltre 70 realtà dello spettacolo che durante l’emergenza Covid-19 hanno partecipato al Tavolo Riforme del Forum Arte e Spettacolo moderato proprio dalla presidente della fondazione.

Questo lavoro si basa su alcune premesse. In primo luogo, il fatto che lo spettacolo e la cultura devono essere riconosciuti come beni primari ed essenziali, come la salute. La cultura come bene primario significa che deve essere vista come un investimento e non come una merce, ad esempio, utilizzata come leva per il turismo. Significa anche avere detrazioni e deduzioni fiscali, ad esempio scaricando uno spettacolo così come si scaricano le medicine.

La seconda premessa è che organizzare eventi di spettacolo deve essere semplice, vantaggioso e accessibile per tutti e tutte. Se domani un cittadino volesse organizzare un concerto nel suo bar deve sapere come fare e come farlo legalmente. In questo modo si può anche elevare quello che oggi viene definito intrattenimento a cultura. Mettere la cultura al centro può attivare un meccanismo virtuoso per sconfiggere il sommerso e per far crescere le economie del settore coinvolgendo tutti i cittadini: enti, associazioni, privati, oratori…  anche perché molti artisti iniziano il loro percorso anche come amatoriali in queste realtà.

Infine, terza premessa, per sostenere lavoratori e lavoratrici, imprese culturali e partecipazione del pubblico è necessario garantire legalità, sicurezza, semplicità di organizzazione e tracciabilità, contrastando apertamente l’enorme piaga del lavoro sommerso di cui troppo poco si parla.

Una ricerca che abbiamo condotto come Fondazione Centro Studi Doc nel 2019 ha infatti mostrato che solo nella musica live l’impatto del sommerso si aggira attorno a 4 miliardi di euro – si può solo immaginare i numeri se la ricerca fosse ampliata a tutto il mondo dello spettacolo. La piaga del sommerso fa sì che il settore sia poco conosciuto anche dal Governo e dalle istituzioni e va assolutamente affrontata in modo diretto.

Il welfare unico e universale come fondamento per la crescita professionale di chi lavora nel settore

La presidente Chiara Chiappa ha enunciato le diverse proposte della Fondazione Centro Studi Doc, tutte fondate sullo statuto dei lavoratori e delle lavoratrici dello spettacolo e orientate alla riforma complessiva del sistema.

In primo luogo è necessario che tutti i lavoratori e le lavoratrici abbiano un’unica posizione previdenziale a prescindere dal contratto, considerando il montante dei compensi e non solo il fattore tempo come misura di tutte le prestazioni previdenziali. Di seguito, bisogna iscrivere nel Gruppo a), di cui D.l. 182/1997 art. 2 comma 1), di tutte le lavoratrici e i lavoratori discontinui, a prescindere dal contratto di lavoro, compresi gli intermittenti a tempo indeterminato, con conseguente trattamento previdenziale, ammortizzatori sociali, assicurazioni.

Bisogna anche aggiornare le professioni dello spettacolo con inclusione delle professioni affini o accessorie: insegnante, formatore, organizzatore, agente, ingegnere e architetto nel settore spettacolo.

Le lavoratrici e lavoratori autonomi con Partita IVA che lavorano all’estero devono avere la possibilità di versare autonomamente i contributi sulla propria unica posizione contributiva per non lasciare che i soldi rimangano all’estero.

Inoltre, per lavoratrici e lavoratori autonomi “a cappello” e che non hanno un committente, deve essere possibile dichiarare i guadagni ottenuti per eventi preventivamente prenotati e registrati su Sportello Unico spettacolo.

È fondamentale anche dare piena attuazione alla Riforma del terzo settore e definizione della figura del volontario anche rispetto alla gratuità delle prestazioni amatoriali.

Infine, la presidente ha ribadito la necessità di cancellare l’indennità di discontinuità per come è al momento concepita e riscriverla da capo.

Anche per affrontare il lavoro sommerso è necessario semplificare tutte le procedure introducendo uno sportello unico dello spettacolo su piattaforma

Ciò significa che deve essere istituito uno sportello Unico per lo Spettacolo su piattaforma informatica open source a protocolli aperti interoperabili in cui svolgere con modalità semplificate, comprese APP e blockchain, tutte le pratiche per organizzazione di eventi. Sulla piattaforma vengono registrati tutti gli eventi di arte e spettacolo, organizzati anche da privati, da protocollare con codice identificativo unico. Lo sportello è gestito da PA e condivide tutte le informazioni della PA compreso l’INPS, Runts, Comuni italiani e Agenzia Entrate.

La piattaforma è anche il luogo in cui vengono registrati i Repertori delle professioni, compresi gli insegnanti di discipline artistiche, tecniche e danza, agenti, organizzatori, ingegneri e architetti di spettacolo, organizzazioni (di spettacolo, non di solo spettacolo, ibride, miste, enti pubblici o privati), accademie e scuole di discipline artistiche,con requisiti aggiornati a cura della PA e dei cittadini. Il repertorio professionale potrà stabilire tariffe professionali minime in base alle disposizioni di legge.

Il repertorio deve includere i luoghi di spettacolo censiti anche ai fini della organizzazione della sicurezza. Sono da censire e registrare: i luoghi di solo spettacolo e quelli non di solo spettacolo, misti o ibridi, anche occasionali o privati, compresi i live club e le scuole di discipline artistiche da considerare a tutti gli effetti come attività inerenti arte e spettacolo; e gli spettacoli su suolo pubblico.

Considerando che obiettivo del Codice dello Spettacolo è anche la semplificazione, è importante anche introdurre contratti semplificati

La presidente ha spiegato che sulla piattaforma dovrebbero essere gestiti i contratti semplificati per prestazioni di spettacolo occasionali, riservati a committenti non di solo spettacolo (quindi non teatri o cinema o imprese spettacolo), per tutte le discipline artistiche, creative, di didattica o tecniche, per un importo lordo non superiore a 4.500 € in 24 mesi sia per committenti che per prestatori. Tale tipologia contrattuale può essere utilizzata dal committente per non più di 5 giorni all’anno per ogni prestatore e non è utilizzabile in appalti di servizi. I contributi previdenziali e assicurativi vanno versati al FPLS, e fanno maturare tutti i contributi relativi. Viene abrogato di conseguenza il comma 188 art. 1 L.296/2007.

Per garantire le giuste professionalità nel settore è necessario attivare nuovi percorsi che permettano di accedere a una formazione specialistica

Devono essere istituiti anche, oltre al diploma di Laurea di Conservatorio – diplomi per artisti e tecnici anche in scuole superiori, diplomi universitari per artisti, creativi e tecnici, enti certificativi nazionali, e non solo regionali, delle professioni, garantendo il riconoscimento a livello comunitario. Qualche mese fa la Fondazione Centro Studi Doc ha anche inviato su richiesta sempre del Ministero della Cultura una proposta su come organizzare questi diversi livelli.

Un altro tema recentemente tornato alla ribalta ma del quale non si parla mai abbastanza è quello della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori

In primo luogo, è necessaria la revisione del Decreto Palchi e Fiere e armonizzazione della normativa italiana alla normativa europea, con iter formativi specifici sia per lavoratori subordinati che autonomi dello spettacolo, e l’introduzione nei PSC e nei DUVRI di un preciso cronoprogramma per mansione con pause e riposi predeterminati e di prassi atte a riconoscere le specificità di genere.

A seguire bisogna introdurre del concetto della “azienda pro-tempore” per cooperare nella gestione della sicurezza tra lavoratori di ditte interferenti. Inoltre, l’INAIL deve prevedere tariffe assicurative tecniche specifiche per le diverse attività di spettacolo diversificate in base alle diverse classi di rischio.

Nel Codice dello Spettacolo deve esserci uno spazio dedicato anche al pubblico, perché è possibile dare sostegno al settore solo con il sostegno al pubblico 

La presidente ha proposto di introdurre quelli che in Fondazione sono chiamati. Live Credit da reinvestire nello spettacolo dal vivo. Sistema cash-back di contributi a fondo perduto e/o crediti d’imposta per enti, imprese, organizzatori per ristorare costi documentati per investimenti e organizzazione di spettacoli dal vivo. Ad esempio: ristrutturazione tecnico-acustica del locale, acquisti per allestimento e realizzazione spettacolo dal vivo; acquisto servizi tecnici, servizi di sala, agenzie, pubblicità, social management, ufficio stampa, diritti; acquisto strumenti musicali, impianti luci, audio, rilevanze fonometriche. La possibilità di ristoro di costi sostenuti per spettacoli dal vivo, anche per un periodo predefinito, comporterebbe un circolo virtuoso con l’emersione di enormi somme di denaro oggi sottratte all’erario e all’Inps per lavoro nero non tracciato.

Bisogna anche introdurre aliquote IVA al 4% per corsi di educazione artistica e musicale, eventi culturali, di spettacolo, per strumenti musicali, dischi e altri supporti video-fonografici: misura per beni da considerare essenziali che porterebbe all’emersione di enormi economie oggi sommerse.

Inoltre, vanno pensate detrazioni fiscali per tutti i corsi di musica e arte da chiunque organizzati, per acquisto strumenti musicali e per spese sostenute in eventi di spettacolo e cultura acquistati telematicamente.

Infine, va prevista la partecipazione del Comune e/o di altri soggetti pubblici o privati all’autoliquidazione dei contributi previdenziali per arti di strada e lavoratori a cappello in eventi registrati su piattaforma.


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