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In consultazione al Ministero della Cultura per il Codice dello Spettacolo, la Fondazione Centro Studi Doc ha ribadito l’esigenza di rigettare l’indennità di discontinuità per chi lavora nello spettacolo così come è stata attualmente proposta dal Governo.

L’esigenza di cancellare l’indennità di discontinuità per come è proposta attualmente

In occasione delle consultazioni in tema del Codice dello Spettacolo svoltesi l’11 e il 12 ottobre al Ministero della Cultura a Roma, Chiara Chiappa, presidente della Fondazione Centro Studi Doc, ha evidenziato l’esigenza di rigettare l’indennità di discontinuità per chi lavora nello spettacolo così come è stata attualmente proposta dal Governo.

Sin da quando è stata annunciata, la Fondazione Centro Studi Doc ha avuto una posizione molto critica nei confronti di questa nuova misura. Infatti, con il Decreto Ministeriale di luglio il Governo ha perso un’occasione importante sia per riconoscere nel gruppo a) tutti coloro che lavorano in modo discontinuo, come chi lavora con contratto intermittente a tempo indeterminato, che di proporre una misura che permetta alle persone che lavorano nello spettacolo di avere un sostegno adeguato per investire sul proprio talento.

Di fronte alla sollecitazione del centro studi e anche delle altre sigle intervenute, i rappresentanti del Governo presenti alle audizioni hanno affermato che l’indennità così proposta è risultato di alcuni paletti imposti dall’INPS e dai limiti della stessa legge delega, che non permettono di effettuare una vera e propria riforma del welfare.

Inoltre, proprio il 10 ottobre sul sito del Ministero del Lavoro è stato pubblicato il DM del 25/07/2023 in cui si allarga la platea dei discontinui a poche professioni fino a ieri escluse (impiegati, maschere, custodi, facchini…) purché assunte a tempo determinato, ignorando ancora una volta gli intermittenti a tempo indeterminato. Questo fa pensare che il Governo non sia assolutamente intenzionato a ritirare la proposta.

L’integrazione di reddito va calcolata su un periodo più lungo e considerando il montante dei compensi e non solo il fattore tempo come misura di tutte le prestazioni previdenziali

Durante l’audizione, la presidente della Fondazione Centro Studi Doc ha anche proposto di fondare l’integrazione al reddito su un welfare universale che veda tutti coloro che lavorano nello spettacolo accedere agli stessi diritti a prescindere dal contratto.

Inoltre, ha ripresentato la proposta dell’integrazione al reddito già formulata dalle oltre 70 realtà che hanno partecipato alle proposte di riforma presentate dal Forum Arte e Spettacolo.

La proposta prevede che chi è iscritto al FPLS senza altro reddito principale o previdenza principale, al raggiungimento di 61 giornate accreditate in 24 mesi possa richiedere l’integrazione al reddito discontinuo per un numero di giornate pari a quelle accreditate nel periodo di riferimento antecedente alla domanda, non utilizzati per precedenti periodi di Naspi o Alas o altra indennità, per un numero massimo di giornate indennizzate o lavorate non superiore a 312 nell’anno di erogazione.

L’indennità di discontinuità sarà poi erogata in misura pari alla media delle retribuzioni accreditate nel periodo di riferimento, con un importo massimo giornaliero pari al doppio del minimale INPS in vigore, e accredito di contributi effettivi ai fini pensionistici.

 

Nella foto la biblioteca “La Crociera” del Collegio Romano situata nel Ministero della Cultura.


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