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Per le nuove generazioni il lavoro deve rispettare la persona e i suoi tempi di vita privata. Questo e altri spunti di riflessione sono sorti dal dibattito su giovani e lavoro di venerdì 14 febbraio 2025 di MAG Servizi Società Cooperativa.

La percezione delle nuove generazioni nella ricerca su giovani e lavoro

La mattina di venerdì 14 febbraio, MAG Servizi Società Cooperativa ha organizzato un dibattito su giovani e lavoro. All’incontro, dal titolo “Il rapporto tra i/le giovani e il mondo del lavoro: come sta evolvendo?”, ha partecipato anche Sofia Cantà della Fondazione Centro Studi Doc. A introdurre e moderare la mattinata è stato Riccardo Sartori, psicologo, psicoterapeuta e professore all’Università di Verona. In questa occasione, Sartori ha presentato i risultati di una ricerca svolta tra il 2023 e il 2024 sul corpo studentesco delle classi quarte e quinte della provincia di Brescia. Tale studio puntava a comprendere quale percezione avessero le e i giovani riguardo al lavoro.

Nello specifico, sono emersi alcuni elementi:

  • Timore di trovare ambienti di lavoro poco accoglienti, che obblighino a rinunciare a parte della propria spontaneità;
  • Timore di non riuscire a mantenere un sano equilibrio tra vita lavorativa e privata;
  • Consapevolezza della necessità del lavoro, visto come funzionale a permettersi economicamente altre attività.

In altre parole, le risposte all’indagine mostrano come per le nuove generazioni il lavoro sia sì importante ma non al primo posto. Richiedono che sia il lavoro ad adattarsi agli altri aspetti della vita e non viceversa. Le ragazze e i ragazzi coinvolt* desiderano dal proprio futuro lavoro un riconoscimento come persone e non meramente relativo al proprio ruolo. Di conseguenza, lo stipendio è apparso secondario, se confrontato con un contesto lavorativo di rispetto reciproco.

Tuttavia, le risposte differiscono leggermente tra chi hanno già vissuto le prime esperienze lavorative e chi no. Fermo restando i suddetti desideri sul mondo del lavoro, la prima categoria si è dimostrata più disillusa della seconda.

Riflessioni emerse dal dibattito

Tra le riflessioni condivise durante il dibattito, è emersa la percezione dell’assenza generale di luoghi politici e pre-politici che coinvolgano sul tema le nuove generazioni. Al contrario, molteplici progetti impegnano giovani e giovanissim* in attività ludico-aggregative sul proprio territorio. Lo stesso uso della parola “giovani” appare così sconfinato, impossibile da circoscrivere su un gruppo preciso di individui. Al contrario, in base al periodo di nascita e quindi alle esperienze formative condivise, la sociologia classifica:

  • Generazione Alpha, dai primi anni ’10 del Duemila;
  • Generazione Z, da metà circa metà 1990 fino ai primi anni ’10 del Duemila;
  • Millennial o generazione Y, tra gli anni ’80 e la metà degli anni ’90 del Novecento;
  • Generazione X, da metà degli anni ’60 all’inizio degli anni ’80 del Novecento;
  • Baby Boomer, tra metà degli anni ’40 e metà degli anni ’60 del Novecento;
  • Generazione silenziosa, dalla fine degli anni ’20 a metà degli anni ’40 del Novecento;
  • Greatest generation, nata nei primi anni trent’anni del Novecento;
  • Generazione perduta, nata negli ultimi vent’anni dell’Ottocento.

È dunque evidente come, anche le generazioni più recenti, raccolgano categorie di persone di età diverse, con esigenze tra loro differenti. In questo senso, l’assenza di luoghi politici e pre-politici prettamente rivolti a loro su giovani e lavoro diviene una lacuna importante.

Il dibattito ha anche affrontato la tendenza delle giovani lavoratrici e dei giovani lavoratori di cambiare spesso luogo di lavoro. Una teoria che prova a spiegare questo meccanismo è la loro sfiducia nei confronti della propria possibilità di incidere sull’ambiente lavorativo. Chi si approccia da poco al mondo del lavoro denuncia spesso di un rapporto negativo con la datrice o il datore di lavoro. Sfruttat* con la scusa del dover fare esperienza, molt* giovan* soffrono opachi contratti a termine, che li obbligano ad avere sempre un piano B.

Una classe lavoratrice sempre meno giovane

È noto come negli ultimi anni il rapporto tra giovani e lavoro sia sempre più in crisi. A tal proposito, un articolo di Claudio Tucci per Il Sole 24 Ore ha messo in luce una forte diminuzione delle lavoratrici e dei lavoratori più giovani. Nello specifico dal 2004 al 2024 la fascia di occupat* tra i 15 e i 34 anni è calata di 2.165.000 unità. Allo stesso modo, anche nella classe 35-49 anni abbiamo perso un milione di lavoratrici e lavoratori. Al contrario, ad affrontare le nuove sfide di sostenibilità e digitalizzazione del mondo del lavoro sono le e i crescenti occupat* di 50-64 anni.

Le ragioni di questa crisi si trovano sia nella generale denatalità sia nella fuga di cervelli. Secondo Fondazione Nord Est, dal 2011 al 2023 le persone di 18-34 anni emigrate all’estero sono 550 mila. Se si calcolano al netto dei rientri il numero cala solo a 377 mila. Parallelamente, tra i Paesi europei l’Italia è all’ultimo posto per attrattività di lavoratrici e lavoratori giovani. Continuando in questo modo, le previsioni paventano una riduzione nei prossimi 10 anni di ben 2,5 milioni di occupat*.

 

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