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Nel 2024 sono cessati gli obblighi dovuti dal Covid-19, come quello di concedere il lavoro agile a lavoratrici e lavoratori più fragili. Quali conseguenze avrà questa decisione per lo smart working nel 2025? I dati 2024 dell’Osservatorio Smart Working mostrano come il lavoro agile in Italia continui a godere di ottima salute.

Lo smart working in Italia nel 2024

Il DM 29 novembre 2023 n. 217 ha messo fine agli obblighi dovuti dalla pandemia di Covid-19. Tra questi, è cessato anche il dovere di concedere lo smart working alle lavoratrici e ai lavoratori più fragili. La conseguenza attesa era il declino dell’utilizzo delle misure di lavoro agile nel 2024, sulla linea di quanto scelto da diverse società straniere. Tuttavia, i dati dell’Osservatorio Smart Working mostrano come questa modalità di lavoro goda ancora di buona salute.

Nello specifico, il numero di lavoratrici e lavoratori da remoto nel 2024 è diminuito solo dello 0,8% rispetto all’anno precedente. Allo stesso modo, anche nel settore pubblico la riduzione è stata solo di 15 mila unità rispetto al 2023. Qui, a lavorare da remoto nel 2024 sono state circa 500 mila persone. Inoltre, per il 2025 si stima una crescita generale dello smart working in tutti i comparti.

Prospettive per lo smart working nel 2025: quali vantaggi

L’adozione di misure di smart working può avere diversi vantaggi per le lavoratrici e i lavoratori. Per questo motivo, questa modalità di organizzazione del lavoro appare oggi ancora in crescita. Nello specifico, le e gli smart worker godono di:

  • una riduzione dei tempi e dei costi relativi agli spostamenti, con vantaggi anche per l’ambiente;
  • un miglioramento dell’equilibro tra vita lavorativa e privata;
  • un aumento di motivazione e soddisfazione sul lavoro.

Una buona work-life balance è fortemente richiesta dalle nuove generazioni, che stanno entrando nel mondo del lavoro. Si tratta di un tema molto importante, se si considera che un recente report dell’ONU ha evidenziato il rapporto tra l’attuale modello economico e l’aumento dei casi di burnout. In molti casi, lavoratrici e lavoratori hanno preferito il licenziamento a un lavoro opprimente.

Inoltre, mettendo in atto politiche a questo riguardo, aziende e PA permetteranno lo sviluppo di competenze come:

  • la capacità di lavorare per obiettivi;
  • la capacità di dare feedback costruttivi;
  • l’utilizzo consapevole degli strumenti digitali;
  • l’organizzazione del lavoro in contesti ibridi;
  • la valorizzazione della presenza negli spazi aziendali.

La possibilità di lavorare da casa è dunque molto utile non solo per il benessere del personale dipendente, ma anche per lo sviluppo delle competenze. In molti casi, questo non è ancora stato compreso e si adottano culture manageriali basate sul controllo a vista o si considera lo smart working nel 2025 solo una misura di welfare.

Non solo vantaggi: le criticità dello smart working

Nonostante i suddetti vantaggi, non tutto è idilliaco nel mondo dello smart working. Esso porta con sé alcune criticità, anche dovute alle modalità di telelavoro sviluppate durante la pandemia del 2020. A differenza dello smart working, attraverso il telelavoro lo svolgimento delle mansioni lavorative avviene interamente da casa o in altro luogo precedentemente definito, ritenuto idoneo. Al contrario, lo smart working non prevede una postazione di lavoro fissa, e richiede l’alternanza del lavoro agile con la presenza in sede. Questa differenza contrattuale non garantisce tuttavia l’assenza di criticità comuni. Conoscere gli svantaggi, oltre che i vantaggi, di questa modalità di lavoro è importante per poter decidere criticamente se adottare misure di smart working nel 2025.

Se è vero che potenzialmente lo smart working permette un miglior equilibrio della work-life balance, è anche vero che non è sempre così. La difficoltà a separare luoghi di lavoro e privati si ripercuote anche nei tempi. Questo problema pesa su coloro che, oltre alla professione, svolgono anche un lavoro domestico di cura, come le lavoratrici madri. Loro rischiano di trovarsi a svolgere contemporaneamente entrambe le attività, con la difficoltà a impiegare in esse le energie e l’attenzione che meritano, oltre che prendersi del tempo per sé. Inoltre, è importante considerare anche il peso del tecnostress, lo stress causato da un intenso utilizzo degli strumenti digitali.

Infine, attraverso il lavoro da remoto è più difficile entrare in relazione con le altre persone parte dell’organizzazione. Aumenta così la percezione di isolamento, che ostacola l’aggregazione collettiva e sindacale e quindi la rivendicazione dei diritti di lavoratrici e lavoratori.

 

Foto di Vlada Karpovich

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