Condividi

Tempo di lettura: 5 minuti

Il 7 novembre all’audizione sull’indennità di discontinuità delle Commissioni riunite VII (Cultura, scienza e istruzione) e XI (Lavoro pubblico e privato) a Montecitorio, la Fondazione Centro Studi Doc ha ribadito che l’indennità di discontinuità per come è stata proposta dal Governo, è una misura esigua, incerta e insufficiente per chi lavora nello spettacolo. All’audizione ha partecipato Demetrio Chiappa, socio fondatore e membro del Consiglio di Amministrazione del centro studi, che ha spiegato perché la misura va rigettata.

Clicca qui per rivedere l’audizione.

Indennità di discontinuità: il contesto dell’audizione

Il Governo in data 18 ottobre 2023 ha trasmesso alla Camera dei Deputati “LO SCHEMA DI DECRETO LEGISLATIVO RECANTE IL RIORDINO E LA REVISIONE DEGLI AMMORTIZZATORI E DELLE INDENNITÀ E PER L’INTRODUZIONE DI UN’INDENNITÀ DI DISCONTINUITÀ IN FAVORE DEI LAVORATORI DEL SETTORE DELLO SPETTACOLO”.

Lo schema prevede che l’indennità di discontinuità sia riservata a coloro che nell’anno precedente la domanda hanno contratti di lavoro a tempo determinato, o autonomo, o intermittente a tempo indeterminato, con redditi inferiori a 25.000 € e almeno 60 giornate accreditate al Fondo Pensionistico Lavoratori Spettacolo (FPLS).

La misura è esigua: sarà riconosciuta per un numero di giornate pari a 1/3 di quelle accreditate nell’FPLS, nella misura del 60% della media dei compensi con contribuzione, ma con un massimale inferiore a 53,95 € al giorno.

Lo schema di decreto legislativo deve essere ritirato

L’indennità di discontinuità per chi lavora nello spettacolo, così come è descritta nella bozza di decreto-legge del Consiglio dei Ministri, disattende completamente le indicazioni della Legge Delega dello Spettacolo 106/2022, che prevedeva espressamente il riordino delle misure sociali esistenti verso una soluzione risolutiva e migliorativa delle condizioni economiche e sociali dei lavoratori del settore.

Per questo, la Fondazione Centro Studi Doc sostiene che il testo così presentato non sia emendabile ma debba essere ritirato. A seguire la spiegazione del perché il testo è irricevibile.

L’indennità di discontinuità è una misura peggiorativa rispetto a quelle già esistenti

La misura che viene proposta anziché migliorare lo status economico degli artisti, prevede l’erogazione di una indennità di disoccupazione addirittura inferiore al trattamento economico corrisposto da Naspi (D.lgs. 22/2015) per i dipendenti e dall’ALAS (D.L. 73/2021 art. 66) per gli autonomi: con la Naspi e l’ALAS gli artisti alla fine di un contratto possono percepire una indennità pari al 75% della media delle retribuzioni di riferimento per metà del periodo lavorato, con un massimale di 56 euro al giorno (praticamente il 32,5% delle retribuzioni di riferimento). Con l’indennità di discontinuità proposta, invece, gli artisti percepiranno per 1/3 delle giornate accreditate il 60% della media dei compensi con contribuzione, ma con un massimale inferiore a 53,95 € al giorno (praticamente il 20% della retribuzione di riferimento).

Solo per fare un esempio, per chi avesse percepito per 60 giorni una retribuzione di 100,00 € al giorno l’assegno di discontinuità sarà di 830,83 € nette!! A parità di situazione, in caso di NASPI (per dipendenti) sarebbe di 1293,60 € nette e in caso di ALAS (autonomi) l’indennità sarebbe stata di 1680,00 € NETTE.

I tempi di erogazione sono inadeguati e i fondi sono insufficienti

Si consideri anche che sia ALAS che NASPI vengono erogate entro 1 mese o dopo la cessazione del contratto e non al giugno dell’anno successivo. Il ricevimento dell’assegno dell’indennità di discontinuità previsto a giugno dell’anno successivo è assolutamente inadeguato per sostenere l’artista nella sua professione, anche perché, oltre che esiguo, è anche incerto! All’art. 9 sulle disposizioni finanziarie si prevede che dopo aver esaurito le risorse – che per il  2023 sono 22,4 milioni – l’INPS non prenda in considerazione le domande e, quindi, solo i primi che faranno domanda avranno l’assegno.

Ci chiediamo però: se per il 2023 questo decreto riserva all’indennità solo 22,4 milioni di euro dove vanno a finire i 100 milioni che la legge di bilancio 2022 e 2023 (l. 197/22 art. 1 c. 282) ha destinato per il 2023 all’Indennità di discontinuità per i lavoratori dello spettacolo?

Il sottosegretario alla Cultura, Gianmarco Mazzi, rispondendo il 7 luglio 2023 in VII commissione della Camera a un’interrogazione dei deputati Amato, Orrico, Caso e Cherchi sullo “stato dell’arte dei decreti attuativi della legge 15 luglio 2022, n. 106, con particolare riferimento all’attuazione dell’indennità di discontinuità, ha riferito che “particolare attenzione è rivolta poi al reperimento di ulteriori risorse da destinare al finanziamento della misura. Infatti, la dotazione del fondo per il sostegno economico temporaneo è stata rideterminata da questo governo con la scorsa legge di bilancio: 100 milioni per l’anno 2023, 46 milioni per l’anno 2024 e 48 milioni per l’anno 2025.”

indennità di discontinuità

L’audizione di Demetrio Chiappa nella Sala del Mappamondo di Montecitorio.

Una misura non cumulabile con le altre e con costi che ricadranno anche su chi non ne potrà beneficiare

A maggior danno – a fronte della riduzione di tutele il decreto prevede l’incumulabilità dell’indennità di discontinuità con Naspi o Alas e di cui beneficeranno pochi artisti o tecnici con contratto a tempo indeterminato – non si capisce perché questa nuova indennità debba essere finanziata con un aggravio di contribuzione dell’1% delle retribuzioni per datori di lavoro che già pagano contributi dell’1,61% per Naspi o del 2% per ALAS!

Un aggravio contributivo per cui non è prevista una controprestazione.

Si pensi inoltre che la riduzione di 0,30 punti percentuali di addizionale per i tempi determinati NON riguarderà la contribuzione per i lavoratori destinatari dell’indennità di cui parliamo, perché sono lavoratori stagionali per specifici spettacoli ai sensi del DPR 1525/63 per cui l’addizionale non è dovuta.

Non si capisce poi cosa significhi la previsione dell’art. 8 comma 2, per cui l’ALAS non sarà riconosciuta alle cessazioni involontarie dopo il 1° gennaio 2024: sarà riconosciuta solo al termine dei contratti e alle cessazioni volontarie?

L’indennità di discontinuità è concepita come un sussidio di disoccupazione e non come un supporto a periodi di studio, prove, preparazione che sono strutturali al mestiere artistico

Se dal punto di vista economico il decreto rappresenta un salto indietro per le tutele e per i  costi degli organizzatori, l’aspetto più miope e censurabile della proposta sta nell’aver predisposto una esigua indennità per i periodi di intervallo tra gli spettacoli come se fossero periodi di disoccupazione e non invece tempi per studio, allenamento, aggiornamento, sopraluoghi, prove e sale di registrazione; con obbligo poi di iscrizione negli elenchi dei disoccupati e con proposte di formazione finalizzati al reinserimento nel mercato del lavoro” (comma 5)! Iscrizione agli elenchi dei disoccupati – tra l’altro – nell’anno successivo a quello per cui si chiede l’assegno. Questa scelta contrasta completamente con il sostegno per discontinuità strutturale del lavoro nello spettacolo e nega il riconoscimento di una specificità del settore.

La proposta presentata nel 2020 da Fondazione Centro Studio Doc con il Forum Arte Spettacolo (FAS) per l’introduzione di un reddito integrativo di discontinuità e per il riconoscimento di uno Statuto per chi lavora nello spettacolo aveva come obiettivo quello di non perdere il patrimonio umano e professionale che popola il mondo dello spettacolo per valorizzare il nostro paese.

L’esigua e incerta misura prevista nello schema di decreto invece lo affossa e lo sminuisce: con queste prospettive sociali ed economiche come possiamo sperare che un lavoratore o una lavoratrice dello spettacolo investa sui suoi talenti in Italia se lo Stato non crede in lui/lei e non lo/la sostiene?

Clicca qui per scaricare il commento in pdf (anche con il commento analitico ad ogni articolo).

L’indennità di discontinuità nello spettacolo: un dibattito ancora aperto

 


Condividi