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Dopo le richieste che hanno fatto i riders il 1° maggio per una regolamentazione che li tuteli, Marco Procopio su Il Fatto Quotidiano racconta che la cooperazione può essere una soluzione per difendere e tutelare i lavoratori della gig economy, inclusi i ciclofattorini.

Riders e cooperazione: le sperimentazioni in Europa

In Europa ci sono state sperimentazioni. Un esempio è quella portata avanti per alcuni anni dalla cooperativa belga Smart Belgique, che ha supportato i ciclofattorini inquadrandoli come dipendenti.

A seguire in Francia è nata nel 2016 la cooperativa CoopCycle che mette a disposizione di cooperative di consegne in bicicletta un’applicazione per gestire le consegne.

Come funziona in Italia?

Esistono già cooperative che operano in settori del lavoro flessibile, come lo spettacolo: “Basterebbe inquadrare i rider con una legge già esistente, quella sul lavoro intermittente”, spiega Demetrio Chiappa, presidente di Doc Servizi, in questo modo “i rider potrebbero unirsi in una coop e sostituirsi ai big del food delivery riappropriandosi del proprio lavoro. O, in alternativa, avviare un dialogo e trovare un accordo su compensi e tutele”. 

Un modello di riferimento può essere quello delle CAE, Cooperative di Attività e di Impiego, già normate in Francia, di cui un esempio è la parigina Coopaname

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