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L’economia digitale porta con sé molte sfide: una sessione di RightsCon ha approfondito il ruolo che una prospettiva cooperativa può avere nel reintrodurre principi di giustizia, inclusione ed equità nel sistema delle piattaforme.

A RightsCon 2023 uno sguardo all’economia digitale attraverso una lente cooperativa

 

Martedì 6 giugno alle ore 10.15 ha avuto luogo alla sessione “The digital economy through a cooperative lens” organizzata nel quadro della dodicesima edizione di RightsCon, il principale vertice mondiale sui diritti umani nell’era digitale che quest’anno si svolgerà a San José, in Costa Rica.

Ad oggi, le sfide dell’economia delle piattaforme e la sua amplificazione di un rapporto di potere squilibrato tra aziende e lavoratori sono state ben documentate da ricercatori, funzionari pubblici e movimenti dei lavoratori. Poiché molti di questi problemi derivano dai modelli di business utilizzati da queste piattaforme, sta emergendo l’imperativo di promuovere modelli alternativi che tengano conto dei bisogni, delle priorità e del benessere dei lavoratori, oltre a stabilire principi di giustizia, inclusione ed equità. Durante la sessione i cooperatori hanno discusso sull’uso del modello cooperativo e, in particolare, sul fenomeno crescente delle piattaforme cooperative.

 

La sessione è iniziata con un’introduzione ai principi cooperativi e alla loro utilità nella moderna economia digitale. I relatori hanno poi illustrato le loro esperienze di creazione e sviluppo di cooperative di piattaforma, i problemi che hanno dovuto affrontare nel tentativo di farlo e come hanno superato queste sfide. Infine, divisi in gruppi, i partecipanti hanno svolo un esercizio per tracciare i potenziali percorsi che potrebbero essere seguiti per creare e diffondere i principi cooperativi e le piattaforme cooperative.

 

Hanno moderato l’incontro Aman Nair e Emma Howard di Co-operatives UK che si sono confrontati con Heira Hardiyanti di MyCoolClass, Manu Chopra della Fondazione Karya e Francesca Martinelli di Doc Servizi. A seguire gli interventi di Francesca Martinelli.

 

Combinare economia digitale e prospettiva cooperativa: la nascita delle cooperativismo di piattaforma

 

Ad oggi, è in corso un ricco dibattito su modi alternativi di gestire le piattaforme digitali e garantire la protezione e l’impegno di lavoratori e consumatori. Tra le alternative, troviamo anche il “platform cooperativism” (“cooperativismo delle piattaforme”). Questo neologismo è stato introdotto per la prima volta dallo studioso e attivista Trebor Scholz nel 2014. Il suo principio fondamentale era quello di replicare le fondamenta tecnologiche di piattaforme come Uber, TaskRabbit, Airbnb o UpWork, riconfigurandole attraverso modelli alternativi di proprietà, come le cooperative, e ridefinendo concetti come innovazione ed efficienza a beneficio della comunità.

 

Ricordiamo che una cooperativa è un gruppo autogestito di individui che si uniscono volontariamente per realizzare obiettivi e aspirazioni economiche, sociali e culturali comuni attraverso imprese di proprietà comune e controllate democraticamente. Allineando i principi e i valori della cooperazione con le piattaforme digitali, la tecnologia va oltre un vago sistema di matching e diventa uno strumento al servizio di lavoratori/fornitori e consumatori. Infatti, una piattaforma cooperativa è costituita da lavoratori, consumatori o enti che insieme decidono di fondare una cooperativa per avere la proprietà condivisa dei mezzi di produzione – in questo caso, la piattaforma – e gestirla in modo democratico per servire i membri della cooperativa e la comunità. Al centro c’è la cooperativa e la tecnologia diventa uno strumento al servizio dei membri della cooperativa e della comunità.

 

La caratteristica principale di questo modello è che in una cooperativa la piattaforma digitale è di proprietà dei membri della cooperativa, il che significa che c’è una coincidenza tra proprietari e lavoratori. Per questo motivo, nelle piattaforme cooperative, le persone non sono sfruttate dalla piattaforma digitale, ma la controllano. I lavoratori hanno un controllo completo sui prodotti e servizi della piattaforma, sui prezzi e sulle tariffe, sulla governance e sull’uso dei dati personali.

Il ruolo dei principi e valori della e delle piattaforme cooperative nei paesi a basso e medio reddito

 

Consideriamo ad esempio il lavoro informale. Sappiamo che a livello globale 2 miliardi di lavoratori sono coinvolti nell’economia informale, con il 70% di tutta l’occupazione informale nei Paesi in via di sviluppo ed emergenti. In tutto il mondo, le cooperative hanno dimostrato di poter contribuire in vari modi a trasformare le attività non dichiarate in lavoro legalmente protetto e ad affrontare i problemi correlati. Solo per citare un’organizzazione globale tra le altre, questo è stato riconosciuto anche dall’Organizzazione Internazionale del Lavoro.

 

Questo è uno dei risultati positivi delle cooperative. Ma si sono anche dimostrate più resilienti in tempi di crisi e offrono l’opportunità di raggiungere importanti obiettivi con poche risorse. Quest’ultimo punto è particolarmente importante, soprattutto nei Paesi con minori risorse. Le cooperative nascono soprattutto nelle aree povere. Perché se si hanno i soldi per raggiungere il proprio obiettivo, lo si fa da soli. Altrimenti, si è maggiormente portati a lavorare con altri.

 

In questo contesto, l’introduzione della tecnologia in una cooperativa può favorire l’organizzazione dell’attività in modi più ottimizzati, trasparenti e democratici. Inoltre, la piattaforma digitale potrebbe semplificare la redistribuzione della ricchezza tra i lavoratori, supportare la scala aziendale, mettere in contatto gig worker solitamente isolati e aiutare nella gestione di attività lavorative discontinue.

 

Le lezioni che l’economia digitale può imparare da una piattaforma cooperativa e da una cooperativa di dati

 

La prima lezione è che le cooperative mettono le persone al centro della piattaforma. Quando i lavoratori fondano una cooperativa, la organizzano naturalmente per evitare lo sfruttamento e optano per condizioni di lavoro legali e sicure, con tariffe migliori di quelle di mercato e assicurazioni specifiche. E se diventano dipendenti, accedono anche alle relative tutele e agli strumenti di sicurezza sociale. Questo può essere legato anche al fatto che i lavoratori, tipicamente isolati nella gig economy, possono negoziare condizioni di lavoro migliori unendosi alle cooperative e, quando diventano dipendenti, esercitano anche i loro diritti sindacali e sono protetti da contratti collettivi.
La seconda lezione è che le cooperative applicano un modello economico specifico. Il modello economico delle cooperative di piattaforma non si basa sull’intermediazione, ovvero sull’estrazione di valore dalla relazione instaurata sulla piattaforma. Si basa invece sulla disintermediazione, dove il plusvalore generato ricade sui proprietari della piattaforma – nel caso di una cooperativa, sui lavoratori e sui consumatori. Questo preclude le possibilità di speculazione e la ricchezza viene ridistribuita una volta coperti i costi di gestione mutualizzati.
La terza lezione è che le cooperative di piattaforma tendono a fare un uso etico della tecnologia, senza trasferire le responsabilità gestionali dagli esseri umani ad algoritmi opachi. L’organizzazione del lavoro è collettiva e la tecnologia è spesso utilizzata per ottimizzare le procedure, sostenere l’autoimprenditorialità e tracciare il lavoro, invece di creare classifiche o responsabilità opache in un rapporto di lavoro. Questo è anche il motivo per cui le piattaforme cooperative di solito utilizzano i dati in modo trasparente.

Il ruolo di una comunità per costruire un futuro in cui i principi di cooperazione siano la norma nell’economia digitale

 

Alla fine di marzo mi trovavo a San José per la prima conferenza sulle piattaforme cooperative e per il lancio di un incubatore dedicato in Costa Rica. Con un gruppo di lavoro di esperti costituito da Ana Aguirre, coordinatrice della rete giovanile dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative, abbiamo riflettuto su come garantire un futuro alle cooperative in Costa Rica che valorizzano l’uso delle piattaforme.
La conclusione delle nostre riflessioni è che sono necessarie due azioni principali per sostenere questo modello.
In primo luogo, è fondamentale creare un quadro giuridico adeguato per la creazione di cooperative. Ad esempio, in Costa Rica ci vogliono circa 22 giorni e solo due persone per creare una società, ma ci vogliono tre anni e più di 10 persone per creare una cooperativa. Questo è chiaramente un grosso limite alla creazione di nuove cooperative, perché le persone scelgono invece di costruire delle Srl. E come in Costa Rica, in molti Paesi del mondo non esistono leggi adeguate per creare e sostenere le cooperative.
In secondo luogo, le piattaforme gestite da multinazionali portano alla precarietà del lavoro, gestiscono gli algoritmi in modo non trasparente, monopolizzano il mercato, portano alla concentrazione e all’estrazione dei profitti, si appropriano dei dati… Questo contesto rende difficile per le cooperative entrare nel mercato delle piattaforme, anche perché subiscono il dumping delle grandi piattaforme. Per tutti questi motivi, per sostenere la nascita, la creazione e lo sviluppo delle cooperative di piattaforme è necessaria anche una concorrenza leale e condizioni di parità tra le piattaforme. Un esempio di tale regolamentazione è rappresentato dalla Commissione europea, che dal 2020 sta lavorando alla direttiva sul lavoro nelle piattaforme digitali.

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