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Mercoledì 24 novembre la Fondazione Centro Studi Doc ha partecipato al dibattito di Agorà Democratiche sull’economia sociale e il futuro dell’Italia portando l’esempio delle piattaforme cooperative.

L’economia sociale per il futuro dell’Italia

Mercoledì 24 novembre alle ore 18.00 si è svolto online il confronto “L’economia sociale per il futuro dell’Italia” nell’ambito delle Agorà democratiche. Obiettivo dell’incontro discutere cosa possa fare la politica per promuovere l’imprenditoria e la finanza ad alto impatto sociale e ambientale. Le proposte emerse saranno caricate sulla piattaforma delle Agorà Democratiche e potranno entrare nel programma politico che il campo progressista proporrà al Paese per i prossimi anni.

Per attivare il dibattito sono intervenuti:

  • Carlo Cottarelli, Osservatorio degli Indipendenti – Agorà democratiche
  • Roberto Lippi, Direttore Fondazione Ivano Barberini
  • Francesca Martinelli, Direttrice Fondazione Centro Studi Doc
  • Tito Menzani, Storico dell’economia e dell’impresa
  • Paolo Venturi, Direttore Aiccon

Ha organizzato e moderato Samuel Boscarello, dottorando in Storia della cooperazione alla Scuola Normale di Pisa.

Di seguito riportiamo l’intervento di Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc.

piattaforme cooperative futuro Italia

Le crisi come amplificatore delle disuguaglianze: il caso delle piattaforme digitali

Le situazioni di crisi non hanno lo stesso impatto per tutti: se non vengono gestite nell’ottica di garantire diritti certi per ogni persona aumentano e amplificano lo spettro delle disuguaglianze.

Questo è quello che sta accadendo ad esempio con le enormi piattaforme online che vendono beni e servizi. Se le crisi per la maggior parte delle persone implicano austerità e rigore, come è avvenuto dopo la crisi del 2008, per le piattaforme digitali le crisi sono miniere d’oro.  

L’emergenza Covid-19 ha infatti aumentato enormemente la ricchezza di queste piattaforme. Amazon è passata da 1 trilione di dollari di capitalizzazione sul mercato nel 2019 a 2 trilioni nel 2020. Deliveroo nell’anno della pandemia ha aumentato del 64% il valore delle transazioni che gestisce sulla sua piattaforma, passando da 2,5 miliardi di sterline nel 2019 a 4,1 miliardi di sterline nel 2020. O ancora JustEat che ha registrato solo a Milano una crescita del business delle consegne del 57%.

Aumentando il lavoro per le piattaforme aumentano anche i rider e i fattorini. Molti di loro hanno iniziato a lavorare in una piattaforma perché nel 2020 hanno perso il proprio lavoro a causa della pandemia. Ma la ricchezza accumulata dalle piattaforme non ricade sui lavoratori. Salvo eccezioni, i lavoratori lamentano condizioni di lavoro difficili, di sfruttamento e discriminazione, basate su una generale assenza di potere contrattuale. Non solo in Italia ma in tutto il mondo. 

Del resto questo non ci deve stupire, già nel 2014 quando in un’intervista hanno chiesto a Travis Kalanick, il fondatore di Uber, come mai il servizio costasse così tanto, la sua risposta era stata: “È colpa del tizio nell’auto”. Molto cinico vero?

La risposta delle piattaforme cooperative

Di fronte a questa situazione di enorme disuguaglianza e disparità le cooperative hanno iniziato a giocare un ruolo importante di riequilibrio delle forze unendo lavoratori in movimenti nati dal basso. Perché è vero che se le crisi aumentano le disuguaglianze, è altrettanto vero che sono momenti in cui modelli mutualistici, di solidarietà e creazione di comunità tornano in prima linea.

È in questo contesto che nasce anche il movimento delle piattaforme cooperative. Il neologismo è coniato nel 2014 dall’attivista e ricercatore Trebor Scholz della New School di New York per descrivere un modello cooperativo sempre più diffuso nel mondo.

In pratica, le piattaforme cooperative ribaltano le relazioni di potere che si trovano all’interno delle piattaforme. I lavoratori si riuniscono in una cooperativa, la organizzano democraticamente grazie al principio “una testa un voto” e poi creano una piattaforma che li aiuti a meglio organizzare la vendita dei servizi, l’organizzazione del lavoro e i turni con i clienti.

La piattaforma nella cooperativa semplifica la ridistribuzione della ricchezza tra i lavoratori, permette di scalare l’attività, collega i lavoratori solitamente isolati e aiuta nella gestione delle attività di lavoro discontinue.

Soprattutto, in una cooperativa la piattaforma digitale è di proprietà dei soci della cooperativa; ciò significa che c’è una coincidenza tra proprietari e lavoratori. Per questo motivo, esiste un controllo completo dei lavoratori sui prodotti e servizi della piattaforma, sui prezzi e sulle tariffe, sulla governance e sull’uso dei dati personali. Nelle cooperative di piattaforma, le persone non sono sfruttate dalla piattaforma digitale, ma la controllano.

Oltre a offrire condizioni di lavoro dignitose, le cooperative infatti fanno un uso etico e trasparente della tecnologia. Inoltre, appoggiano il loro modello economico non su estrattività e intermediazione, ma sul principio della disintermediazione. Ciò significa, ad esempio, che su un plusvalore generato dall’ottimizzazione dell’app la ricchezza ritorna sui soci, che in questo caso sono anche i lavoratori, generando maggiore fiducia e ricchezza condivisa.

Le piattaforme cooperative in Italia e in Europa

Anche in Italia ci sono cooperative che lavorano in questa direzione. Come le cooperative di rider e ciclofattorini, come Ciclologica, Food4Me, Consegne Etiche e Robin Food. Ci sono cooperative di taxisti, come COTABO che ad oggi è anche gemellata con The Drivers Cooperative, cooperativa di autisti di New York che lavora in aperto contrasto con Uber. Vi sono anche cooperative di artisti e creativi che gestiscono il loro lavoro in modo autonomo su piattaforma, come Doc Servizi e Doc Creativity. Con la stessa struttura lavorano anche gli insegnanti della cooperativa sociale Doc Educational e gli esperti IT della cooperativa Hypernova. Nella maggior parte dei casi, si tratta però di esperienze che non combattono direttamente con le grandi piattaforme, ma che si muovono in mercati diversi creando forti legami con il territorio e le realtà locali.

Oggi in Europa troviamo numerosi modelli innovativi di cooperative che offrono condizioni di lavoro dignitose a oltre 60.000 lavoratori che di solito fanno esperienza di precariato e sfruttamento.

Anche grazie a questo fenomeno in espansione il concetto di piattaforma cooperativa è entrato nel dibattito in corso all’Unione Europea sulla regolamentazione del lavoro di piattaforma. Nella redazione del Parlamento europeo su condizioni di lavoro eque, diritti e protezioni sociali per i lavoratori delle piattaforme sono infatti menzionate anche le piattaforme cooperative. E molto probabilmente saranno presenti anche nella direttiva della Commissione Europea sul lavoro di piattaforma. Sul tavolo della direttiva, che sarà presentata l’8 dicembre, si trova la discussione sul modo di impedire a piattaforme come Uber e Deliveroo di ricorrere ai falsi autonomi obbligando le piattaforme ad assumere i lavoratori come dipendenti.

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Come supportare le piattaforme cooperative per il futuro dell’Italia

Di fronte a questo panorama cosa possiamo fare noi in Italia?

Sicuramente sarà da recepire la direttiva e quindi anche i contenuti riguardanti non solo l’obbligo per le piattaforme di assumere i lavoratori con contratti da subordinati, ma anche riconoscere il ruolo delle piattaforme cooperative e sostenerle.

Più concretamente, propongo quattro azioni che possono mettere in campo le autorità pubbliche a livello nazionale ed europeo per sostenere le cooperative:

  1. Promuovere il modello cooperativo come opportunità alternativa al lavoro in una piattaforma multinazionale, anche per sostenere l’imprenditorialità sui territori

Il modello cooperativo dovrebbe essere riconosciuto e promosso come un’opportunità per i lavoratori di ottenere migliori condizioni di lavoro e un maggiore controllo sul loro lavoro. A tal fine, i sindacati e i governi locali dovrebbero essere meglio informati, e i lavoratori e i cittadini meglio istruiti, sul modello cooperativo e sulle opportunità che offre.

2. Garantire alle cooperative l’accesso ai finanziamenti e ai meccanismi di sostegno alle imprese

Soprattutto nelle zone più fragili, come, ma non esclusivamente, i territori rurali, le cooperative dovrebbero avere il sostegno necessario per accedere al mercato e diventare sufficientemente competitive, soprattutto in mercati guidati da enormi piattaforme transnazionali. Per questo motivo, le piattaforme cooperative, anche se non sono immediatamente autosufficienti dal punto di vista economico, dovrebbero avere accesso sia ai finanziamenti di sostegno alle imprese che a fondi specifici (a lungo termine). I finanziamenti possono assumere la forma di investimenti o sgravi fiscali e dovrebbero essere sostenuti sia i finanziamenti pubblici che quelli privati.

3. Riconoscere un quadro giuridico appropriato per modelli innovativi di cooperative

Gli esperimenti delle piattaforme cooperative dovrebbero essere incoraggiati. Pertanto, bisognerebbe creare un ambiente e un quadro giuridico che favorisca le cooperative che, ad esempio, introducono nuove forme di lavoro e modi innovativi di utilizzare gli strumenti istituzionali esistenti per formalizzare i lavoratori. A livello nazionale, questo significa anche rendere facile e non troppo costoso creare una cooperativa. Se gli oneri, gli obblighi e la burocrazia sono troppo impegnativi, diventa più facile, soprattutto per i lavoratori più vulnerabili, continuare a lavorare in situazioni precarie e di sfruttamento.

4. Attivare il livello locale per sostenere il modello cooperativo

Ci sono vari modi in cui le autorità locali possono sostenere le cooperative. Ad esempio, i comuni possono sovvenzionare attività virtuose con sponsorizzazioni e bandi, offrire corsi di formazione, organizzare eventi pubblici per educare al modello cooperativo, accogliere le richieste dei lavoratori che cercano forme alternative di lavoro e indirizzarli verso il modello cooperativo.


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