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Martedì 5 ottobre la Fondazione Centro Studi Doc ha inaugurato la settimana italiana del Global Forum on #DemocratizingWork con un incontro sulle cooperative di comunità.

Global Forum on #DemocratizingWork Italia

Dal 5 al 7 ottobre si svolge il Global Forum on #DemocratizingWork che riunisce in oltre 100 panel circa 380 speaker provenienti da tutto il mondo. Ogni giorno è dedicato a uno dei tre temi centrali del Manifesto: democratizzare le imprese, demercificare il lavoro e decarbonizzare l’ambiente.

Oltre alle plenarie, l’evento globale vede l’organizzazione di incontri specifici per ogni paese aderente da parte di un comitato scientifico dedicato. Il comitato scientifico italiano è composto dai ricercatori e attivisti: Paolo Borghi (Università di Milano), Guido Cavalca (Università di Salerno), Chiara Faini (Fondazione per l’Innovazione Urbana), Rosa Fioravante (Università degli Studi di Urbino Carlo Bo), Marco Marrone (Università Ca’ Foscari), Emanuele Leonardi (Università di Bologna) e Francesca Martinelli (Fondazione Centro Studi Doc).

Il comitato scientifico italiano ha organizzato un totale di sette conferenze suddivise nei tre giorni. A chiudere un’assemblea pubblica per riflettere sul futuro del movimento in Italia.

Cooperative di comunità: quando i cittadini e i lavoratori diventano protagonisti del cambiamento

Per il primo giorno dedicato alla democratizzazione del lavoro, Francesca Martinelli, la direttrice della Fondazione Centro Studi Doc, ha organizzato un incontro dedicato alle cooperative. Attraverso il controllo diretto del proprio lavoro e la gestione democratica, le cooperative sono laboratori formalizzati di partecipazione. In cooperativa, i lavoratori partecipano direttamente alle politiche aziendali e costruiscono l’impresa secondo le loro esigenze. La spinta a raggiungere un obiettivo condiviso permette ai singoli di attivarsi collettivamente per costruire un’impresa che può avere un impatto reale non solo sui suoi soci, ma anche sulle comunità locali e il territorio.

L’impatto che le cooperative possono avere sulla società è diventato più visibile durante la pandemia Covid-19, quando molte cooperative in tutto il mondo e in Italia hanno attivato misure di sostegno che hanno fornito sollievo ai loro lavoratori, ai soci e alle comunità di appartenenza, dimostrando che sono posizionate in modo unico per aiutare le economie a riprendersi da questa crisi. Tanto che gli esperti si aspettano che saranno un modello di impresa sempre più utilizzato in futuro. 

In questo contesto, il panel ha permesso di esplorare le traiettorie che le cooperative offrono a cittadini e lavoratori per ripensare le dinamiche di potere esistenti e attuare cambiamenti effettivi nel contesto di appartenenza attraverso l’esercizio di pratiche collettive e democratiche. 

All’incontro moderato da Francesca Martinelli e con il supporto tecnico di Chiara Faini (Fondazione Innovazione Urbana) hanno partecipato Paolo Venturi (Aiccon – Università di Bologna), Carmelo Rollo, Legacoop Puglia, e in vece di Maria Ramella è intervenuta Isabella Ippolito (Legacoop Liguria) per presentare l’esperienza della cooperativa di comunità Brigì.

Democrazia, partecipazione e cooperative per la dignità del lavoro

L’economista Paolo Venturi ha iniziato il proprio intervento riconoscendo il ruolo centrale della democrazia. L’esercizio della democrazia, insieme a una maggiore equità, è la premessa necessaria anche per la demercificazione e la decarbonizzazione. Con democrazia non si deve pensare solo al tema politico, ma anche economico, perché se la ricchezza è concentrata in poche mani la democrazia non si regge nemmeno dal punto di vista politico. Per affrontare il problema della democrazia economica serve andare oltre le pratiche di riforma a favore di una vera e propria trasformazione del sistema. Trasformare il sistema significa non ragionare più solo nell’ottica di una libertà negativa (libertà da) così come siamo abituati, ma mettere in campo la libertà “positiva” (libertà di) che è prima di tutto “partecipazione”.

È necessario esprimere la propria libertà come partecipazione anche nell’impresa, soprattutto per combattere tutte le distopie che vediamo nel lavoro, sempre più privato di senso. Oggi siamo di fronte a un passaggio epocale in cui il capitale della Quarta Rivoluzione Industriale non ha bisogno di un cittadino lavoratore ma di un cittadino consumatore. L’uomo come lavoratore diventa così superfluo e il lavoro si svuota di significato. Un esempio evidente di questo andamento è esemplificato dalle grandi piattaforme digitali.

Per uscire dalle distopie e recuperare il significato del lavoro bisogna proporre il lavoro come “opera” e qui la cooperazione può giocare un ruolo fondamentale. “Co-operare” infatti significa non vedere un lavoro solo come diritto ma anche come bisogno della persona, ricordando che tra i bisogni esistenziali delle persone il lavoro è centrale. Per questo è fondamentale riportare al centro del dibattito il lavoro come elemento di democrazia rilanciando il modello cooperativo. Invece di perdere tempo nell’osservare l’evoluzione del capitalismo, bisognerebbe dedicare più tempo al terzo pilastro e al mutualismo che permettono invece di sviluppare un mondo diverso.

L’Art. 46 della Costituzione italiana afferma: «Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende.» Anche la Costituzione riconosce la centralità della cooperazione e quindi servono politiche per una democrazia diversa e per una biodiversità economica che restituisca ai lavoratori la propria dignità e il significato del proprio lavoro.

“Da soli non c’è storia”: la nascita delle cooperative di comunità

Carmelo Rollo ha promosso la prima legge italiana sulle cooperative di comunità con Legacoop Puglia e ha raccontato in prima battuta la nascita di questo modello.

Il primo progetto di cooperativa di comunità in Puglia risale a 12 anni fa. Strettamente correlate con la crisi economica da poco scoppiata, le cooperative di comunità nascono a partire dal bisogno di comunità abbandonate di poter condividere un percorso. Dopo una fase di ascolto e confronto con le comunità locali, Legacoop Puglia ha progettato la prima cooperativa di comunità a Melpignano (Lecce) che aveva già alti processi di condivisione. La cooperativa è stata costituita senza una legge di riferimento. Per questa ragione, il sistema notarile non voleva approvare lo statuto ma con l’aiuto di Legacoop Nazionale è stato scritto il primo statuto omologato. Con molta pazienza hanno poi ottenuto la prima legge regionale in Italia sulle cooperative di comunità nel 2014. La legge permette di includere tutti coloro che vogliono difendere il bene comune del loro territorio e società di appartenenza e alimentare la condivisione su un territorio più vasto. Oggi sono tante le cooperative di comunità in Puglia e contano migliaia di soci e offrono lavoro dignitoso. I progetti sono orientati ai bisogni del territorio e delle persone che svolgono il lavoro e vanno dalla rigenerazione urbana alle RSA diffuse.

Oltre a essere uno strumento di cura del bene comune, la cooperativa di comunità è fondamentale per informare, includere e coinvolgere le persone nei processi di trasformazione necessari, come quelli legati alla transizione energetica. Se si vuole effettivamente attuare la transizione energetica, o qualunque altro cambiamento su un territorio, bisogna prima condividerli con le singole comunità. Le cooperative di comunità permettono ai cittadini di partecipare attivamente ai processi decisionali legati al proprio territorio.

Anche in una prospettiva futura, la cooperativa di comunità è allora una grande opportunità per ottenere grandi cambiamenti che dal territorio possono espandersi verso realtà più grandi. Diventando protagonisti nella propria comunità, i cittadini esercitano la propria libertà e partecipano attivamente ai processi di cambiamento ed evoluzione del proprio territorio.

Senza innovazione sociale, non c’è transizione possibile.

Carmelo Rollo, Legacoop Puglia

#DemocratizingWork cooperative comunità

Brigì cooperativa di comunità

A raccontare l’esperienza della cooperativa di comunità Brigì è intervenuta Isabella Ippolito (Legacoop Liguria) al posto di Maria Ramella, presidente della cooperativa, che non è potuta intervenire per problemi tecnici.

Brigì nasce a Mendatica (Imperia) nel 2015 a seguito dell’emanazione della legge sulle cooperative di comunità della Regione Liguria. La cooperativa è fondata da un gruppo di giovani del luogo che volevano dare un’altra opportunità a sé stessi e al territorio. Si tratta di agricoltori, ingegneri, operatori turistici che insieme decidono di dedicarsi al turismo sostenibile per valorizzare il territorio. Il territorio è infatti molto ricco di bellezze naturalistiche ma difficilmente raggiungibile sia perché in alta montagna sia perché spesso subisce isolamenti a causa di frane e smottamenti.

Il progetto della cooperativa nasce dalla proloco, un’amministrazione locale virtuosa per apertura e ascolto e il team giusto di persone che condivide obiettivi prevalentemente legati ai valori, oltre che economici. La proloco di Mendatica si riconosce nella legge delle cooperative di comunità e, grazie anche all’aiuto del progetto Coopstartup, inizia la propria attività come cooperativa nel 2016.

La cooperativa non permette solo ai soci di ottenere vantaggi, ma anche ai visitatori, le comunità locali e gli amministratori. I visitatori attenti a una proposta turistica sostenibile possono sperimentare attività varie (famiglia, outdoor tradizionali, progetti con le scuole). Le comunità locali vengono riattivate partecipando attivamente ai progetti. Mentre gli amministratori locali trovano un interlocutore attivo sul territorio.

Tra le varie attività proposte la cooperativa offre anche un parco avventura, un rifugio dove fare anche workshop, attività didattiche ed escursioni. La cooperativa si occupa anche della cura del territorio. Tra gli obiettivi della cooperativa vi sono la realizzazione dell’orto di Brigì per servizio di delivery agricolo a km 0, aprire una locanda di prodotti locali e creare una rete di ospitalità diffusa.

Come misurare l’impatto delle cooperative di comunità?

Paolo Venturi nel suo ultimo intervento ha spiegato quali possono essere gli strumenti di valutazione dell’impatto delle comunità che lavorano su un territorio.

Partendo dal presupposto che se si usano indicatori sbagliati, si raggiungeranno risultati altrettanto sbagliati, ha chiarito che il mutualismo prima di aiutarsi a vicenda significa mutuo riconoscimento e mutuo beneficio. Le storie di comunità che si attivano, come quelle delle cooperative di comunità, nascono spesso da uno shock, ma all’origine c’è un gesto sociale, cioè un riconoscimento dei soggetti. Per questo, il tema della misurazione dell’impatto dovrebbe mettere a fuoco in primis il tema della “socievolezza”, inteso come il mutualismo del 7° principio cooperativo. Si tratta cioè non di fare cose per la comunità ma di prendersi cura della comunità e valutare quanto la comunità partecipa ai processi decisionali.

In particolare, il Community Index di Aiccon valuta il cambiamento positivo della comunità sulla base dell’impatto sociale che ha nella comunità. Questo impatto si può valutare secondo quattro criteri:

  1. riconoscimento, cioè capire quanto la comunità preferisce e sceglie la realtà da valutare rispetto ad altre;
  2. inclusività, cioè il coinvolgimento della comunità;
  3. ecosistema, fare comunità non è buono in sé, perché una comunità può essere anche chiusa. Per questo sono fondamentali la porta aperta e la qualità delle reti, che devono essere ecosistemiche;
  4. dimensione trasformativa, cioè le alleanze di scopo realizzate per il desiderio di una comunità che vive sul lavoro che viene fatto.   

Per valutare l’impatto di una comunità è centrale vedere quanto la comunità partecipa ai processi decisionali: dalle consultazioni alle conversazioni, cioè dare potere attraverso la parola.

Paolo Venturi, Aiccon – Università di Bologna


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