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Il 15 novembre si celebra l’European Equal Pay Day, per puntare il focus sulla disparità salariale di genere. Secondo i dati Eurostat 2022, per ogni euro guadagnato da un uomo, le colleghe donne guadagnano 87 centesimi. Com’è possibile? Tra le ragioni c’è il mancato riconoscimento del peso del lavoro domestico e di cura, che spesso grava soprattutto sulla popolazione femminile.

15 novembre: cos’è l’Equal Pay Day

Il 15 novembre è l’Equal Pay Day Europeo, ovvero il giorno in cui per il divario salariale di genere (Gender Pay Gap) è come se le donne iniziassero a lavorare gratis fino a fine anno. La stessa ricorrenza è stata celebrata anche il 16 settembre a livello internazionale e il 19 aprile in Alto Adige. I dati Eurostat del 2022 attestano al 12,7% la differenza di guadagno tra donne e uomini nell’economia europea, con un vantaggio della controparte maschile. In altre parole, per ogni euro guadagnato da un uomo, le colleghe donne guadagnano 87 centesimi.

Com’è possibile? In effetti, in Europa è illegale pagare diversamente il proprio personale dipendente sulla base del genere di appartenenza: è anche a tutela di questo diritto di equità che in Italia esistono i Contratti Collettivi Nazionali di Lavoro. Da dove viene allora questo dato? Le cause sono molteplici e riguardano tanto la concentrazione delle donne in determinate categorie occupazionali (segregazione orizzontale) e livelli gerarchici (segregazione verticale) quanto la loro difficoltà a bilancire occupazione e lavoro domestico. Sono soprattutto le donne a rinunciare a straordinari o trasferte – ma anche a contratti full time – per occuparsi di casa e famiglia, a scapito della carriera. Si tratta di una scelta spesso non volontaria, obbligata da una cultura lavorativa e familiare che non tiene conto di questo sbilanciamento.

In percentuale, sono poche le donne impiegate nell’industria, nelle costruzioni e negli ambiti delle discipline STEM (dall’inglese “Scienze, Tecnologia, Ingegneria/Engineering, Matematica”), dai guadagni più alti, mentre spiccano in settori come:

  • Istruzione, sanità e cura;
  • Aziende pubbliche;
  • Turismo e ristorazione.

Inoltre, anche all’interno delle stesse categorie impiegatizie, la presenza femminile diminuisce all’aumentare del grado. In altre parole, sono poche le donne tra i quadri e i dirigenti, provocando disparità retributiva.

In questa situazione impari è importante celebrare l’Equal Pay Day, per ricordare che una società più equa e sostenibile è possibile. L’Equal Pay Day è infatti un momento utile per riflettere in chiave femminista sull’evolversi del mondo del lavoro, ma non solo: alle persone più scettiche ricordiamo anche i vantaggi meramente economici evidenziati dell’uguaglianza di genere. Sono infatti molteplici le ricerche che prospettano una crescita economica grazie alla riduzione del divario di genere. A livello nazionale, secondo il Rapporto OCSE 2023, il PIL pro capite italiano potrebbe aumentare del 3,5% entro il 2050, mentre, per l’EIGE, in Europa il miglioramento del PIL potrebbe arrivare anche al 9,6%. Lo stesso vale anche per l’economia mondiale che, grazie al raggiungimento dell’uguaglianza di genere potrebbe crescere addirittura del 35%, secondo i dati del FMI.

L’occupazione delle lavoratrici madri

È noto che, in Italia, la disoccupazione femminile aumenti all’aumentare della prole, mentre tale rapporto risulta inverso per la disoccupazione maschile: alla nascita de* figli* le madri tendono a restare a casa per dedicarsi al loro accudimento, anche quando hanno il titolo di studio più elevato in famiglia; al contrario, i padri, se prima disoccupati, iniziano a lavorare. Riporta La Repubblica come lo stipendio di donne e uomini sia similare prima di diventare genitori, ma subisca un cambiamento vertiginoso successivamente a questo evento. In molti casi, le lavoratrici madri scelgono di passare a un contratto di lavoro a tempo parziale, per ottenere una riduzione di orario ma subendo, di conseguenza, anche una riduzione di stipendio. In diversi casi, questa scelta non può essere definita volontaria.

A tal proposito, il report “Le equilibriste 2024”, edito Save The Children, dedica un passaggio proprio alla tipologia di contratto di lavoro più frequente per uomini e donne (pp. 22-23):

“I dati lo confermano: mentre il lavoro a tempo pieno è più comune tra gli uomini rispetto alle donne, accade l’opposto per il lavoro a tempo parziale. In Italia, in generale, il 93,4% dei lavoratori ha un contratto a tempo pieno, rispetto al 68,7% delle lavoratrici, il che implica che solo il 6,6% degli uomini lavora a tempo parziale, rispetto al 31,3% delle donne. Per metà delle donne che lavorano a tempo parziale (15,4%), si tratta di un part-time involontario. La percentuale di donne impiegate a tempo parziale aumenta notevolmente tra coloro che hanno figli (36,7%) rispetto a quelle senza figli (23,5%). Tra gli uomini, al contrario, la percentuale diminuisce dall’8,7% al 4,6% tra chi non ha figli e chi li ha. La proporzione di tempo parziale involontario, tuttavia, è sostanzialmente la stessa tra le donne con figli (15,2%) e quelle senza figli (15,7%).”

Di conseguenza, lo stipendio medio delle lavoratrici madri è inferiore non solo a quello dei colleghi uomini, padri o meno, ma anche delle altre donne senza figli*. Sempre Save The Children riporta come le lavoratrici madri guadagnino il 40% in meno delle colleghe, anche 15 anni dopo il parto. Dopo la nascita della prole, mediamente le lavoratrici madri impiegano infatti 5 anni solo per tornare a guadagnare lo stesso stipendio che avevano prima di diventare genitrici e questo gap si ripercuote successivamente per tutta la carriera. La Cassazione si è però espressa contro la penalizzazione automatica dei contratti part-time ai fini della progressione economica: nei fatti, questa si traduce spesso in una penalizzazione delle donne, ma non è detto che una riduzione dell’orario lavorativo implichi una riduzione dell’anzianità di servizio.

Come superare il Gender Pay Gap?

L’Equal Pay Day ci ricorda che, per superare il Gender Pay Gap è necessario aumentare la consapevolezza sui temi della parità e migliorare il bilanciamento del lavoro domestico e di cura tra donne e uomini. In questo scenario, anche le aziende possono fare la propria parte, mettendo in atto strategie per permettere a tutte e a tutti la stessa produttività sul lavoro e gli stessi guadagni. Tra queste, alcuni esempi sono:

  • lo sviluppo di modelli organizzativi flessibili;
  • fare le riunioni solo in orario di lavoro per permettere la maggior partecipazione possibile;
  • studiare un sistema welfare e di fringe benefit che tenga conto dei bisogni concreti del personale dipendente.

Un altro passaggio fondamentale per un migliore bilanciamento del carico familiare richiede che le aziende stesse, ma anche la società tutta, incentivino l’uso dei congedi parentali per i lavoratori neo-papà. A tal proposito, è positivo l’aumento del numero di uomini che sentono l’esigenza di un migliore bilanciamento tra vita lavorativa e familiare. Dal 2020 al 2022 c’è stato un aumento, seppur leggero, dei lavoratori uomini che scelgono di cambiare lavoro per meglio conciliare la propria occupazione con la cura della prole (da 734 nel 2020 a 1255 nel 2022, dati dell’Ispettorato del Lavoro).

È, infine, importante che le aziende monitorino le esperienze delle e dei dipendenti dal reclutamento all’uscita attraverso strumenti come il Family Audit e il Rapporto Parità di Genere.


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