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di Chiara Chiappa

Secondo il Tribunale di Roma, influencer e youtuber che promuovono in rete i prodotti di un’azienda sono agenti di commercio.

La sentenza del Tribunale di Roma su influencer e youtuber

Il Tribunale di Roma, con sentenza n. 2615 del 4 marzo 2024, ha affermato che l’influencer che promuove stabilmente e con continuità in rete prodotti di un’azienda è inquadrabile come agente di commercio. Ciò avviene qualora utilizzi uno specifico codice del prodotto e ricavi un compenso per ogni vendita andata a buon fine. In questo modo, ha dato ragione all’Enasarco (Ente nazionale di assistenza per gli agenti e i rappresentanti di commercio), che a seguito di un accertamento ispettivo ha imposto la riscossione dei contributi.

La zona di operatività dell’agente da considerare è la “comunità dei follower”, con riferimento a quanto affermato dalla Cassazione. La sentenza di riferimento è la n. 20453 del 2 agosto 2018.

Il problema della scarsa chiarezza di inquadramento contrattuale

La discussione sulla disciplina applicabile non va considerata chiusa. Prosegue la proliferazione di nuove forme di lavoro discontinue, flessibili, inesplorate dalla legislazione previdenziale e giuslavoristica. Di conseguenza, queste nuove occupazioni si ritrovano senza tutele certe per lavoratrici e lavoratori. Il problema da risolvere riguarda influencer e youtuber e fashion blogger e tutti i nuovi lavoratori e lavoratrici del web. In altre parole, è urgente un provvedimento legislativo coraggioso e innovativo, che si occupi dell’individuazione dell’inquadramento contrattuale e delle conseguenti tutele per questi lavoratori, che sono contrattualmente deboli, coinvolgendo nelle decisioni ovviamente le parti sociali.

Dalla mancanza di chiarezza di inquadramento conseguono molti dubbi operativi per le imprese, che rischiano continui contenziosi sia con gli istituti previdenziali che con i lavoratori stessi. Consegue soprattutto la mancanza di diritti e dignità per lavoratrici e lavoratori di tutte le nuove professioni, attualmente senza accantonamento pensionistico certo né indennità per i periodi senza compenso, disattendendo il disposto dell’art. 38 della Costituzione.

Influencer e youtuber possono essere considerati lavoratori e lavoratrici dello spettacolo

A giudizio di chi scrive, i nuovi lavoratori e lavoratrici del web attivi “in live streaming” che recitano, cantano, interpretano il ruolo di consumatori o presentano un prodotto su una piattaforma social svolgono il lavoro esattamente come chi lo presenta in una trasmissione televisiva o radiofonica, ed è assicurato in forza dell’art. 3 del D.lgs. 708/47 e ss.mm all’INPS-FPLS (Fondo pensioni lavoro spettacolo). Di conseguenza, influencer e youtuber possono essere compresi in più di una delle categorie professionali INPS dello spettacolo. Tale definizione deriva dalla circolare Enpals n. 7 del  30 ottobre 2006 a seguito dell’aggiornamento delle categorie spettacolo del D.M. 15 marzo 2005: cantanti (012), attori (022), illusionisti (821), presentatori (031), registi (041),  responsabili di edizione (057), indossatori (093), fotomodelli (096), arredatori (131 ), operatori di ripresa audiovisivi (121), soggettisti (046), tecnici addetti alle manifestazioni di moda (119) …

I lavoratori in live streaming possono benissimo rientrare nel settore dello spettacolo in forza di quanto stabilito dalla Cassazione. Infatti, secondo la stessa Cassazione Civ. Sez. Lavoro 27.08.2003 N. 12548, Spettacolo è «qualsiasi rappresentazione o manifestazione, specialmente ma non solo, di tipo teatrale o televisivo, che si svolge davanti un pubblico appositamente convenuto o comunque appresa da un pubblico più ampio grazie allo strumento della tecnica».

Analoga definizione è stata definita dalla  Cassazione civile n. 12691 del 29/8/2002 e dalla Cass. Civ. n. 7323 del 15/6/1992.

La necessità di un indirizzo politico di lunga prospettiva

Per tutte le nuove professioni di oggi, e per quelle che nasceranno nei prossimi anni caratterizzata dalla creazione di contenuti creativi dell’AI, è necessario un indirizzo politico di lunghissima prospettiva, con la stessa attenzione che la politica e i media hanno riservato alle tutele dei rider. Bisogna prevedere la stipula di un contratto collettivo, di un’associazione di categoria che li rappresenti, che li tuteli e dia loro potere economico e contrattuale. Non è necessario inventare nuovi inquadramenti giuridici: questi lavoratori dello spettacolo potranno essere per lavoratori autonomi ai sensi dell’ art. 2222 del cod. civ oppure lavoratori subordinati ai sensi dell’art. 2094 del cod. civ in caso di lavoro etero-organizzato, come ormai assodato ai sensi dell’art. 2 del D.lgs. 81/2015 e della Circolare del Ministero del Lavoro n. 7 del 30 ottobre 2020.


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