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Lunedì 28 ottobre CECOP ha organizzato un webinar per analizzare gli effetti della recente Platform Work Directive sulle cooperative e non solo. Di seguito l’intervento di Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc e moderatrice del gruppo “Transformation of Work” di CECOP, che ha introdotto l’incontro.
Il ruolo pioneristico dell’Unione Europea nella regolamentazione di digitale e nuove tecnologie
Nel corso degli ultimi anni, l’Unione Europea ha dimostrato di avere un ruolo pionieristico rispetto al resto del mondo nell’affrontare i temi riguardanti il digitale e le nuove tecnologie attraverso l’introduzione di direttive e regolamenti.
Alcuni esempi sono il GDPR, General Data Protection Regulation, che dal 2018 rafforza la protezione dei dati personali, il Digital Services Act, un regolamento dell’UE che affronta i contenuti illegali, la pubblicità trasparente e la disinformazione, il Data Governance Act, che mira a creare un quadro di riferimento per facilitare la condivisione dei dati e introduce anche le cooperative di dati.
Da ricordare anche i recenti AI Act, il primo tentativo nel mondo di regolamentare l’uso dell’Intelligenza Artificiale, e l’European Accessibility Act, che fornisce linee guida per l’accessibilità digitale.
Breve storia della Platform Work Directive e del ruolo di CECOP
Sulla stessa linea, rispetto al tema delle piattaforme, è dal 2016 che in Unione Europea è in corso un confronto attorno alla sharing economy, che, nel corso degli anni, di fronte agli abusi e ai problemi diventati sempre più evidenti causati dalle grandi piattaforme multinazionali, ha riguardato sempre più anche il tema del lavoro dignitoso.
Questi primi passi verso una regolamentazione europea sono stati sistematizzati nella lettera di intenti di Ursula von der Leyen, che nel 2020 ha affermato che le condizioni di lavoro dei “platform workers” sarebbero state un’iniziativa chiave del suo mandato. Ed effettivamente, già nel febbraio 2021, la commissione EMPL del Parlamento europeo ha presentato la risoluzione “Condizioni di lavoro eque, diritti e protezione sociale per i lavoratori delle piattaforme – Nuove forme di occupazione legate allo sviluppo digitale”. Tale risoluzione ha portato a presentare il 9 dicembre dello stesso anno la proposta legislativa “Migliorare le condizioni di lavoro dei lavoratori su piattaforma” della Commissione Europea che aveva l’obiettivo di produrre una direttiva. La direttiva è proprio quella ufficialmente approvata dal Consiglio d’Europa lo scorso 14 dicembre.
In questo quadro, CECOP, la federazione di cooperative industriali e dei servizi, ha lavorato su questi temi con il gruppo di lavoro “Non standard workers & platforms” coordinato da Sarah de Heusch e oggi denominato “Transformation of Work” [coordinato da Francesca Martinelli dall’ottobre 2023]. Sin dall’inizio, CECOP ha seguito i percorsi di parlamento e commissione scrivendo policy e position papers che hanno evidenziato il valore della risposta delle cooperative alle problematiche sollevate dal lavoro su piattaforma. Questi documenti si sono basati su un continuo lavoro di analisi, confronto e ricerca dedicato al rapporto tra cooperative e piattaforme.
I punti di forza del modello cooperativo rispetto alle piattaforme multinazionali
Rispetto al tema delle piattaforme sappiamo che ci sono state diverse reazioni nel corso degli anni. C’è chi ha protestato, come taxisti e riders, chi ha tentato il confronto legale facendo causa alle aziende o proponendo nuove leggi, come la Ley Rider in Spagna, e chi ha proposto vie alternative, come quella delle “piattaforme cooperative”.
Una piattaforma cooperativa è un’impresa cooperativa, caratterizzata dalla proprietà condivisa e dalla governance democratica, in cui l’uso delle tecnologie digitali supporta il consumo, lo scambio e la produzione di beni e servizi all’interno di una comunità, consente scambi tra pari nella base sociale della cooperativa e i membri della comunità, massimizza la generazione e la distribuzione del valore in una comunità.
I punti di forza di questo modello d’impresa rispetto alla gestione delle piattaforme da parte delle multinazionali sono molteplici. L’elemento principale è che in una cooperativa la piattaforma digitale è di proprietà dei soci e delle socie della cooperativa; ciò significa che c’è una coincidenza tra proprietari e lavoratori e lavoratrici, consumatori e consumatrici. Per questo motivo, esiste un controllo completo di chi lavora sui prodotti e servizi della piattaforma, sui prezzi e sulle tariffe, sulla ridistribuzione della ricchezza, sulla governance, sull’accesso alle tutele del lavoro e al welfare e sull’uso dei dati personali. Questo accade perché quando un gruppo di persone riunite in cooperativa sceglie di introdurre una piattaforma o una tecnologia specifica, ovviamente non crea sistemi di autosfruttamento ma di supporto al proprio lavoro e alle proprie esigenze.
Gli effetti della Platform Work Directive sulle cooperative
L’insieme di queste caratteristiche fa sì che, nelle analisi che abbiamo compiuto con CECOP nelle diverse evoluzioni della direttiva, le cooperative siano già perfettamente complianti con i requisiti richiesti dall’Unione Europea proprio per i loro principi e valori. Quando le cooperative usano dati o algoritmi per alimentare le piattaforme e si relazionano con i soci lavoratori e lavoratrici sono, infatti, guidate da un’etica che le porta a gestire gli strumenti in modo che rispondano ai bisogni della persona, che mettono al centro, e non del profitto, che invece è un mezzo per raggiungere determinati fini condivisi.
Con queste premesse, il vantaggio dell’approccio cooperativo rispetto a quello delle multinazionali è evidente, soprattutto quando si parla di lavoratori e lavoratrici. Promuovere l’utilizzo di questo modello a livello internazionale, nazionale e locale dovrebbe quindi essere naturale, eppure nel corso degli anni sono emersi alcuni problemi che CECOP ha puntualmente affrontato con la sua azione di advocacy.
Come mitigare l’impatto della Platform Work Directive sulle cooperative
Alcune problematiche riguardano specificamente le cooperative, che, in primis, hanno infatti evidenziato di avere difficoltà ad accedere ai finanziamenti e ai meccanismi di sostegno alle imprese. Inoltre, in diversi paesi manca un quadro giuridico adeguato per i modelli cooperativi innovativi, come le sperimentazioni molto flessibili su piattaforma che includono anche diverse tipologie di soci e socie. È emerso anche il bisogno di supportare i corsi di formazione e ai percorsi di incubazione per nuove piattaforme cooperative e valorizzare i progetti di ricerca che studiano questo modello.
Ci sono però anche problematiche che riguardano il mercato. Molte delle altre piattaforme sfruttano chi lavora considerandolo come lavoratore autonomo facendo dumping contrattuale, hanno sistemi di gestione amministrativi e algoritmici opachi, utilizzano dati in modo personalistico, spesso non pagano le tasse in paesi in cui pure operano o attivano pratiche di monopolio. Questo insieme di pratiche è evidente che crea problemi soprattutto alle cooperative che operano in mercati simili, così come alle altre imprese che lavorano in modo legale. E considerando che già moltissime professioni, non solo rider e driver ma anche medici, psicologi, creativi, insegnanti, sono organizzate su piattaforma e l’Unione Europea prevede un aumento esponenziale, una delle principali richieste fatte da CECOP alla direttiva è quindi stata sempre quello di garantire una concorrenza leale e condizioni di parità tra le piattaforme.
La recente direttiva va in questa direzione e, nel corso dei prossimi mesi e anni, sarà fondamentale approfondire per ogni stato dell’Unione Europea i potenziali impatti della Platform Work Directive sulle cooperative e non solo, tenendo conto anche delle sfide legate al suo recepimento.
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