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Che rapporto c’è tra lavoro e IA in Italia? Un nuovo studio INAPP osserva per quali professioni l’IA può rappresentare un’opportunità e per quali il rischio di sostituzione.

Lavoro e IA: uno studio per imparare a gestire il cambiamento

INAPP ha recentemente pubblicato il working paper n. 125, a firma Valentina Ferri, Rita Porcelli ed Enrico Maria Fenoaltea. Lo studio osserva il rapporto che intercorre tra lavoro e IA in Italia. Cerca così di comprendere in quali casi esso rappresenta un’opportunità e in quali un rischio. In altre parole, verifica quanto l’esposizione all’IA permetta di guadagnare tempo nello svolgimento del lavoro e quanto rischi di sostituire l’individuo.

In questo modo, lo studio cala nel contesto italiano una questione ampiamente discussa a livello internazionale. Per esempio, nel 2023 una ricerca dell’Upwork Research Institute aveva analizzato l’uso che le lavoratrici e i lavoratori freelance della piattaforma fanno degli strumenti di IA. I risultati riportavano come ben il 20% delle persone coinvolte usasse regolarmente l’AIG. Tuttavia, per le mansioni più specializzate appare ancora necessario l’intervento umano.

In sostanza, solo conoscendo i termini del rapporto tra lavoro e IA è possibile affrontare la transizione digitale. In questo modo, chi lavora sarà in grado di viverla non passivamente ma in maniera attiva e consapevole. Come suggerisce il paper di Ferri, Porcelli e Fenoaltea, è necessario fornire a queste persone una formazione adeguata. Esse saranno così in grado di sfruttare al meglio questi strumenti. Di conseguenza, aumenterà anche la competitività delle imprese e l’ottimizzazione dei tempi e dei processi di lavoro.

Gli strumenti di analisi del rapporto tra Lavoro e IA

Nel dettaglio del rapporto tra lavoro e IA, lo studio ha osservato se l’esposizione delle professioni all’IA possa avere esiti positivi o negativi. In altre parole, se possa aiutare lavoratrici e lavoratori a risparmiare tempo o se rischi di sostituirli. Per fare ciò, ha calcolato il grado di complementarità dell’IA rispetto a ogni professione. A tal proposito, l’analisi ha preso in considerazione sei aree e aspetti rilevanti alla caratterizzazione delle professioni:

  • comunicazione, ovvero quanto spesso la professione richieda discussioni faccia a faccia o discorsi in pubblico;
  • responsabilità che le lavoratrici e i lavoratori hanno sulla salute e la sicurezza oltre che la produzione e i risultati altrui;
  • condizioni fisiche, da cui la rilevanza del lavoro all’aperto esposto a tutte le condizioni climatiche e/o vicino ad altre persone;
  • criticità, intesa come la gravità delle conseguenze del commettere un errore, la libertà di prendere decisioni liberamente e l’eventuale condizionamento d’immagine e reputazione dovuto alle decisioni prese;
  • routinizzazione, come automatizzazione del lavoro e organizzazione regolare;
  • skills.

Quali professioni sono maggiormente esposte all’IA?

In linea con la letteratura precedente, lo studio INAPP conferma che le attività manuali, creative o relative a caratteristiche fisiche sono meno esposte all’IA. Tra esse vengono citate la manovalanza, l’intonacatura e le professioni atletiche e di ballo. Al contrario, risulta una forte esposizione per quanto riguarda addett* al protocollo e allo smistamento di documenti e figure di direzione generale, dipartimentale ed equiparate nelle amministrazioni statali, negli enti pubblici non economici e negli enti locali.

Inoltre, l’analisi ha rilevato le regioni e le province più coinvolte nel processo d’innovazione determinato dall’introduzione dell’IA. Nello specifico, le regioni maggiormente esposte sono Lombardia, Lazio ed Emilia-Romagna. In linea con questo risultato, per quanto riguarda le province, appare il ruolo trainante di Milano, Bologna e Roma.

In sostanza, le professioni maggiormente a rischio di sostituzione da parte dell’IA sono quelle caratterizzate da elevata rutinarietà, minori responsabilità e criticità e un livello inferiore di comunicazione. Tra esse, Ferri, Porcelli e Fenoaltea sottolineano le personalità addette a

  • affari generali;
  • funzioni di segreteria;
  • gestione dei magazzini
  • gestione della contabilità;
  • agenti del commercio;
  • tecnic* di programmazione;
  • cassier*.

Per queste categorie di lavoratrici e lavoratori potrebbero così essere necessarie politiche di mitigazione degli effetti dell’IA sul mercato del lavoro. Si tratta di occupazioni che in Italia interessano a quasi una lavoratrice o un lavoratore su quattro. Al contrario, lo studio prevede che il 26,4% di chi lavora (poco più di una persona su quattro) beneficerà dell’IA.

 

 

Foto di Tara Winstead


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