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Insieme alle tante realtà dello spettacolo impegnate per la riforma del settore, chiediamo al Ministero della Cultura di smettere di fare proclami e ascoltare davvero le richieste dei lavoratori dello spettacolo se vogliamo che il nostro Paese resti un presidio della cultura nel mondo.
Appello al Ministero della Cultura: la riforma dello spettacolo che non c’è
Il Ministero della Cultura ci ha convocati più volte e ha ricevuto dalle tante realtà impegnate per il settore spettacolo documenti analitici molto dettagliati sulle misure che i lavoratori e gli operatori del settore ritengono vitali per la riforma dello spettacolo per la quale il Governo ha chiesto la delega.
Dopo mesi di studio, confronto, elaborazione e grande impegno per trasformare i desideri e i sogni in proposte fortemente innovative ma assolutamente concrete e realizzabili, le misure che sono state anticipate sono insufficienti, frutto di una visione incompleta e vecchia del settore, sempre i soliti “cerotti” che di rivoluzionario non hanno niente.
Dove sono le misure di semplificazione che favoriscono l’emersione del lavoro nero e la mappatura del settore? Dove sono i diritti che rendono i lavoratori dello spettacolo uguali agli altri lavoratori? Dov’è il riconoscimento della discontinuità?
Tutte le maggiori istituzioni internazionali concordano nel dire che il mondo dello spettacolo è stato il più duramente colpito dalla pandemia Covid-19 e solo l’Italia ha perso l’80% del fatturato nel 2020 e oltre 70.000 lavoratori, più del 20% del totale.
Il settore dello spettacolo che era già molto fragile oggi non può subire anche la beffa di una riforma a metà che non solo non guarda al futuro, ma nemmeno risolve tutti i problemi e le difficoltà pregressi.
Di fronte a tutto questo, chiediamo al MIC di smettere di fare proclami e ascoltare davvero le richieste dei lavoratoriperché non possiamo permetterci altri abbandoni se vogliamo che il nostro Paese resti un presidio della cultura nel mondo.
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