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Venerdì 30 aprile la Fondazione Centro Studi Doc ha partecipato all’audizione del MIC sul tema delle tutele dei lavoratori dello spettacolo in vista di un prossimo disegno di legge.

MIC: l’audizione sul tema delle tutele dei lavoratori dello spettacolo per un disegno di legge

Giovedì 29 aprile e venerdì 30 aprile 2021, il direttore generale dello Spettacolo Antonio Parente insieme a Lorenzo Casini, capo di Gabinetto del Ministero della cultura, hanno audito associazioni e organizzazioni del settore spettacolo in relazione al documento di consultazione sul tema delle tutele dei lavoratori nel settore dello spettacolo, oggetto di un prossimo disegno di legge governativo.

Anche la Fondazione Centro Studi Doc è stata invitata a partecipare. Per il centro studi è intervenuta la direttrice Francesca Martinelli. A seguito dell’audizione, il centro studi ha inviato un documento analitico elaborato confrontandosi con il Forum Arte e Spettacolo, ShowNet, La Musica Che Gira e UNITA.

L’intervento di Francesca Martinelli all’audizione del MIC dedicato alla proposta di legge dello spettacolo

Buongiorno a tutti,

grazie dell’invito, come sapete sono la direttrice della Fondazione Centro Studi Doc che come sapete è da anni che si occupa dei diritti dei lavoratori discontinui e dello spettacolo, tanto che da subito abbiamo messo a disposizione le nostre competenze e sempre abbiamo risposto nel merito di tutte le richieste fatte dal Ministero. 

Pertanto, anche per questa occasione abbiamo preparato un documento analitico, condiviso anche con altre realtà del settore nel limite del tempo possibile e che punto per punto analizza il testo che ci avete inviato e che però, visti appunto i tempi stretti, per una volta invieremo dopo l’audizione e non prima.

Intanto riteniamo che sia importante enunciare alcuni principi che possono essere linee guida per la revisione del documento che abbiamo visionato:

1) Deve essere chiaramente enunciata la scelta di andare verso un’unica posizione previdenziale e assicurativa per tutte le attività artistiche, creative e accessorie, e quindi un welfare unico per artisti e professionisti dello spettacolo.

Le tutele devono essere riconosciute a tutti i lavoratori a prescindere dal contratto collettivo applicato (teatri stabili, cooperative, cinema) o dal contratto di lavoro (subordinato, autonomo, intermittente). Un lavoratore dello spettacolo può infatti avere contratti di lavoro e datori di lavoro diversi anche nello stesso giorno. Come sapete, ad esempio, un musicista in uno stesso giorno può essere insegnante di musica e orchestrale.

2) Il reddito di continuità non deve essere inteso come una sorta di disoccupazione ma deve essere il riconoscimento di compenso per lavoro di preparazione per chi investe sulla propria professionalità con continuità.

Riteniamo che lo spettacolo e la cultura siano da considerare come un bene primario, come la salute, e pertanto è necessario concepire l’integrazione al reddito, che voi chiamate SET, non come una misura risarcitoria, ma come un investimento pubblico per la promozione della professionalità del settore. 

Chiariamo, inoltre, che la discontinuità che caratterizza il lavoro del settore non è nel lavoro, che è continuativo, ma nelle retribuzioni e nella prestazione lavorativa. Per questo l’integrazione al reddito deve far maturare contributi effettivi e non deve essere accompagnato da una formazione obbligatoria.

L’integrazione deve coprire periodi di studio e lavoro effettivamente svolti e ad oggi non retribuiti. Ad esempio, un attore quando va alle prove dello spettacolo ha già studiato la sua parte svolgendo “lavoro invisibile” ma fondamentale ai fini della performance.

MIC audizione legge spettacolo

Francesca Martinelli

3) Siamo convinti della necessità di contrastare il lavoro sommerso anche con la regolamentazione stringente dei rapporti occasionali, ma anche noi, come FAS e Alleanza delle Cooperative Italiane, rifiutiamo il “lavoro a sportello”, che troviamo lesivo della dignità e diritti dei lavoratori.

Non solo non essendo contingentato lo sportello come descritto può costringere i lavoratori a subire condizioni di lavoro occasionale senza alcun limite, ma anche perché non si può pensare che i lavoratori diventino tutti lavoratori occasionali dipendenti di una piattaforma nello stile del gig work, senza un contratto, senza maturazione dell’anzianità, formazione, sicurezza, sorveglianza sanitaria, dpi, diritti certi.

Inoltre, non semplifica la burocrazia già pesante del settore, aggiungendo orpelli come il certificato di agibilità che deve essere fatto anche dai privati, obbligando anche una mamma ad aprire un’agibilità per la lezione privata di chitarra del figlio.

Per la semplificazione del sistema e il contrasto al lavoro sommerso ci sono altre soluzioni, come il contratto di prestazione occasionale di lavoro e l’istituzione di una piattaforma informatica che permetta di gestire tutte le pratiche per organizzazione di eventi, come hanno già anticipato i colleghi di Assoartisti e del Forum Arte e Spettacolo.

4) La sicurezza sociale e sicurezza sul lavoro sono indispensabili.

Nel vostro documento non abbiamo visto alcun riferimento all’istituzione di iter specifici per sicurezza nel lavoro per allestimenti, formazione professionale e procedure. Qui vi invito ad ascoltare l’intervento del collega di ShowNet.

5) È importante riconoscere e valorizzare la capacità e la vocazione all’auto-imprenditorialità dei lavoratori dello spettacolo.

Ciò si può fare individuando e sostenendo le forme organizzative semplificate e innovative di cooperazione, autogestione e organizzazione, cooperative di comunità tra artisti e professionisti dello spettacolo, pubblico ed enti locali. È necessario anche dare applicazione alla riforma del Terzo Settore, come ha già ricordato Arci.

Sempre considerando la vocazione all’autoimprenditorialità di molti professionisti del settore, sarebbe anche utile prevedere la possibilità per gli stessi lavoratori di auto versare i contributi al fondo pensioni lavoratori spettacolo quando manchi un committente, come nei casi di artisti di strada, di lavoro all’estero per ottenere il certificato A1 o per eventi promozionali.

In conclusione, ciò di cui il settore ha bisogno è uno statuto del lavoro dello spettacolo che sia da fondamento per una riforma complessiva del settore. 

Per fare ciò, quello che serve è che la riforma sia guidata da una visione di insieme per la costruzione di un sistema nuovo, e non da una serie di cerotti applicati tramite il collage di tante proposte diverse e scompagnate tra loro.

Questa visione e molti dei principi appena enunciati sono ben rappresentati nella proposta di legge di Orfini-Verducci e nel disegno di legge a prima firma Nencini. Ora, state sottolineando che il vostro impianto è fondato sulla proposta Orfini, ma dato che la comunicazione è il risultato e a quanto pare molti di noi non hanno visto questo legame chiaramente, vi invitiamo a considerare con maggiore attenzione i contenuti della loro proposta. 

Detto questo, nel caso ci fossero specificazioni successive del vostro documento a seguito delle osservazioni che stiamo facendo, siamo ovviamente a disposizione per commentare il documento. Vi chiediamo solo un po’ più di tempo per preparare i documenti in modo da poterci confrontare meglio con le altre realtà con le quali lavoriamo. E questo soprattutto se il prossimo documento avrà un carattere più analitico.

Grazie per l’attenzione.


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