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A Bruxelles si è svolta una conferenza per riflettere sulle politiche di sostegno alle piattaforme cooperative in Europa.
Le piattaforme cooperative a Bruxelles
Giovedì 17 ottobre 2019 al Comitato europeo delle regioni dell’Unione europea si è svolta la conferenza “Platform coop Bruxelles Conference”. L’incontro segna la conclusione di un progetto dedicato allo studio delle piattaforme cooperative presenti nella regione di Bruxelles. Anche una delegazione della Fondazione Centro Studi Doc ha partecipato all’evento.
L’obiettivo del progetto era quello di offrire alternative ai lavoratori delle piattaforme rendendo possibile l’appropriazione da parte di realtà del territorio di modelli diversi da quelli capitalisti e basati su uso diverso della tecnologia di piattaforma.
Sandrino Graceffa di SmartBe ha dichiarato: «Ad esempio in Smart, anche se la piattaforma tecnologica è fondamentale per rendere scalabili i processi amministrativi, oltre alla piattaforma c’è un progetto con un’ambizione di trasformazione sociale profonda. Per questo è importante interrogarsi sui principi democratici che possono guidare le piattaforme».
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I punti di forza delle piattaforme cooperative
Un tema di partenza è stato l’uso della tecnologia. Secondo Hilde Vernaillen, presidente di Febecoop, il progetto sviluppato in Belgio ha mostrato che le piattaforme digitali classiche si definiscono “collaborative” solo per questioni di marketing. Si tratta di un velo per nascondere il loro modello estrattivo della ricchezza. Mentre nelle piattaforme cooperative lo strumento digitale è davvero utilizzato per creare una condivisione di valore mettendo in relazione le persone. L’alternativa che offrono queste piattaforme ha una vocazione più economia e imprenditoriale.
Per sostenere un utilizzo simile della tecnologia, con al cuore la valorizzazione delle persone, è fondamentale avere alle spalle un modello organizzativo cooperativo. Michel Bauwens, co-fondatore della P2P Foundation e ricercatore sul tema dei beni comuni, sottolinea che quando si guarda una piattaforma classica si osserva un sistema aperto dove persone possono condividere oggetti. In questo modello, le tasse di transazione imposte a tutti coloro che utilizzano le piattaforme non sono investiti nei bisogni degli utenti o dei lavoratori. Nelle piattaforme cooperative l’ecosistema è invece cooperativo e basato sulla multi-governance. Ciò implica che gli investimenti ricadono nell’ecosistema stesso. Pertanto, le piattaforme cooperative non possono scegliere un modello classico di organizzazione della piattaforma ma devono puntare a qualcosa di più alto. Se l’economia capitalista è economia di scala, l’economia delle cooperative deve essere economia degli scopi.
Durante l’incontro è stato anche messo l’accento tema della sostenibilità economica delle piattaforme cooperative. Ricard Espelt, ricercatore all’Internet Interdisciplinary Institute dell’Open University of Catalonia, ha evidenziato che bisogna ricordarsi che le piattaforme digitali non sono sempre sostenibili economicamente. Proprio per questo le piattaforme cooperative devono utilizzare un approccio diverso rispetto a quello delle piattaforme classiche. Ci sono esempi di approcci diversi basati sulla lunga tradizione di economia sociale e solidale, come in Catalogna o a Bologna. Sullo stesso tema, come ricorda anche Dennis Stokkink, presidente del PLS e relatore al GECES, il punto di forza della cooperazione è quello di rispondere a bisogni specifici del territorio. Se si risponde a bisogni reali i fondi si trovano, perché è da decenni che la cooperazione bisogni che lo stato non è capace di colmare.
La cooperazione come alternativa possibile
A partire dai suoi punti di forza, la cooperazione può essere una vera alternativa a modelli classici d’impresa. La cooperativa belga di ciclofattorini Urbike, il metodo alternativo a quello bancario per la compravendita B2B inventato da France Barter o ancora la sperimentazione nel mondo del turismo di Fairbnb: sono tutti esempi di come sia effettivamente possibile costruire piattaforme alternative.
Eppure, ha affermato Corinne Vercher-Chaptal, direttore del CEPN UMR all’Université Paris 13, spesso i legislatori non sono abbastanza veloci a comprendere i cambiamenti in corso che richiedono nuove forme di protezione dei lavoratori. Sulla stessa falsariga, Simel Esim, responsabile dell’unità cooperativa dell’ILO, ha ricordato che le norme vanno di pari passo con le policy: non è possibile pensare a una senza l’altra. Per riuscire quindi a supportare il modello è necessario creare uno spazio di discussione sociale per le piattaforme cooperative e la cooperazione. In questo contesto ricorda anche il fatto che l’ILO sostiene molto il modello cooperativo, come dimostra anche il corso di 6 ore in 20 lingue Think.COOP.
Ha chiuso la conferenza la sociologa Isabelle Ferreras dell’Université catholique de Louvain. La ricercatrice ha ricordato che sono tre le proposte che strutturano il sistema capitalista e che sono alla base dei nostri problemi: il lavoro è un fattore strumentale; gli strumenti giuridici per costituire il business sono estrattivi e ai servizi del capitale (società anonima, srl); nel modello neoliberale lo stato deve restare fuori dall’impresa.
Oggi l’unica alternativa a tutto questo è la cooperazione, perché permette di riappropriarsi dell’impresa da parte dei lavoratori e dei beni che l’impresa produce attraverso la democratizzazione delle relazioni.
Tornando sulle tre dimensioni Isabelle Ferreras, rispetto alla questione dell’esclusione dello stato, ha affermato che esistono alcuni beni, i beni comuni, che non possono essere lasciati al mercato. Per questo motivo, è cruciale riappropriarsi dei beni comuni costruendo modelli di gestione degli stessi che siano alternativi. Ne segue che, tornando sul tema dello strumento giuridico, è necessario continuare a riflettere sulla forma dell’impresa. Se le piattaforme classiche cercano di far sparire l’impresa per deresponsabilizzarsi, l’impresa va invece salvaguardata e analizzata, costruendo proposte alternative di gestione. Infine, ogni lavoro deve garantire il minimo di protezioni. È fondamentale riflettere a fondo sul concetto di subordinazione e capire come accentuare in essa l’esperienza democratica incrociando sia l’autonomia del lavoro che la sicurezza sociale. L’obiettivo deve essere far sì che siano rappresentati i lavoratori nel sistema.
Ma come transitare a questa nuova economia? Secondo Isabelle Ferreras, proprio grazie all’impegno dei cooperatori e allo sviluppo del modello cooperativo per rispondere a queste sfide da qui a 10 anni saremo in un’altra posizione rispetto alla crisi climatica e democratica.
Gianluca Pastorelli e Francesca Martinelli Francesca Martinelli Francesca Martinelli Chiara Chiappa Isabelle Ferreras Francesca Martinelli e Chiara Chiappa
Nuove prospettive cooperative
Approfittando dell’incontro della mattinata, SmartBe ha organizzato nel suo nuovo spazio di co-working LaVallée un incontro tra i cooperatori provenienti da tutto il mondo a cui hanno partecipato anche Chiara Chiappa e Francesca Martinelli. Oggetto dell’incontro due gruppi di lavoro nei quali ci si è confrontati sui possibili sviluppi del movimento europeo delle cooperative di piattaforma.
Il giorno dopo, venerdì 18 ottobre, alla sede storica di SmartBe vicino alla Gare de Midi, Chiara Chiappa e Francesca Martinelli hanno partecipato invece a un incontro organizzato a seguito di Bigre!. Obiettivo confrontarsi tra cooperative di autogestione di diversi Paesi su come costruire una “école de la coopération”, una scuola della cooperazione.
Gli incontri sono stati l’opportunità per confrontarsi tra cooperatori e operatori del settore e rappresentanti delle istituzioni su più livelli.
Chiara Chiappa e Simel Esim Francesca Martinelli e Damiano Avellino Francesca Martinelli e Sarah de Heusch Francesca Martinelli, Gianluca Pastorelli, Simel Esim e Chiara Chiappa Sarah de Heusch Francesca Martinelli Gruppo di lavoro “école coopérative”