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Tempo di lettura: 2 minuti

di Demetrio Chiappa

Da alcuni anni si parla molto dell’Industria 4.0 e della robotizzazione dei posti di lavoro: esistono professioni e competenze che difficilmente potranno essere sostituite? Ecco la riflessione fatta su questo tema nell’editoriale di Demetrio Chiappa pubblicato come ogni numero sul Doc Magazine.

Sulla digitalizzazione dei processi e sull’industria 4.0 si è già detto molto. Tuttavia le modalità di interazione e di relazione cambiano quotidianamente: cambia il modo di comunicare, il linguaggio, i tempi di attenzione e di ascolto. I sistemi informatici e le piattaforme stanno facilitando i processi e le azioni quotidiane ma, realisticamente, se è vero che la richiesta di professionisti dell’informatica e del digitale è maggiore, è altrettanto vero che altri lavori e competenze stanno sparendo, sostituiti da algoritmi o da robot. Non sappiamo quanti nuovi posti di lavoro stiano generando le nuove tecnologie, se siano maggiori di quelli che si stanno perdendo o se l’ingaggio delle nuove competenze supererà i posti abbandonati da chi è stato o sarà sostituito da una macchina. L’unica cosa certa è che le persone che perdono il lavoro non possono integrarsi nelle nuove professioni, non avendo adeguata formazione e competenza, generando così un inevitabile “sbilancio sociale”.

Questo avviene soprattutto in quei processi dove il lavoro è considerato alla stregua di merce nei vari processi di lavorazione, dove l’insieme di capitale, materie prime, lavoro e servizi accessori genera il cosiddetto “prodotto finito”. In questo meccanismo la sostituzione del lavoro con la tecnologia e la robotica produce un indiscutibile vantaggio economico e costituisce, per chi intende il rapporto di lavoro come un disturbo, un fastidio in meno. Ma c’è un’area dove questo non può avvenire: nella cultura e nell’arte, infatti, la persona è all’inizio della filiera: è lei che genera, determina e sviluppa ogni fase. Senza la persona non c’è prodotto artistico e culturale che si possa definire tale.

Si sta tendando di realizzare opere d’arte anche con la robotica, ma all’occhio del critico non può sfuggire il fatto che queste somiglino vagamente a qualche “Goya” o a qualche colorato “Pollock”. In assenza di un originale fatto dall’uomo, infatti, il robot può generare solo algoritmi e scarabocchi.

Come in ogni progetto artistico e culturale, anche alle radici dello sviluppo di ogni innovativa piattaforma o idea creativa, per fortuna, c’è la persona con la sua dote di creatività e talento. Compito della società è riconoscerne il valore, qualunque esso sia, e tutelarlo, come i patrimoni più preziosi.

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