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Domenica 28 novembre la Fondazione Centro Studi Doc ha presentato alla conferenza di ricerca sulle cooperative il modello delle cooperative di autogestione come paradigma di lavoro alternativo a quello della Silicon Valley. Dal modello delle unicorn company nel quale le piattaforme digitali controllano e sfruttano i lavoratori al modello delle Pegasus company in cui i lavoratori controllano le piattaforme e le usano per raggiungere i loro obiettivi.
La conferenza di ricerca sulle cooperative dell’Alleanza Internazionale delle Cooperative (ICA)
Dal 27 al 29 novembre la conferenza di ricerca sulle cooperative è dedicata all’identità cooperativa. Promossa dall’ICA, la conferenza dei ricercatori anticipa il Congresso Mondiale delle Cooperative. Come il congresso, anche la conferenza si svolge a Seoul in Corea del Sud.
L’ICA ha invitato ricercatori, esperti e professionisti del settore cooperativo a presentare contributi sui temi che coinvolgono l’identità cooperativa. La conferenza, insieme al 3° Forum Internazionale sul Diritto Cooperativo, anticipa i dibattiti sui temi chiave del 33° Congresso Cooperativo Mondiale e prepara contenuti per discussioni basate su contributi scientifici e analitici.
Domenica 28 novembre alle ore 16.30 di Seoul (ore 8.30 in Italia) Francesca Martinelli, direttrice della Fondazione Centro Studi Doc, ha partecipato alla sessione su digitale e tecnologie “Taking Advantage of Digital Age”.
Hanno partecipato:
- Shanmugham D. Jayan (Advocate, Vijayaraghavan and Devi, India), Lakshimi A.J. (Assistant Professor, Department of Commerce, Sree Narayana College, University of Kerlala, India). “Digital transformation of cooperatives in India: an imperative”.
- JI Minsun (Center for New Directions in Politics and Public Policy, University of Colorado Denver, US). “How can platform cooperatives preserve cooperative identity?”.
- Francesca Martinelli (Centro Studi Doc Foundation, Italy). “The Pegasus company: an innovative form of cooperation alternative to the dominant paradigm of the Silicon Valley”.
- Mélissa Boudes (Institut Mines-Télécom, France), Muge Ozman, Cynthia Snrec. “Advocacy and identity building in a meta-organization of platform cooperatives”.
Ha moderato Sonja Novkovic, Professor of Economics and Academic Director of the International Centre for Co- operative management, Saint Mary’s University, Canada.
A seguire il report della presentazione di Francesca Martinelli sulla “Pegasus company, una forma innovativa di cooperazione alternativa al paradigma dominante della Silicon Valley“.
Dal mito della Silicon Valley ai “lavoretti” saltuari
Oggi, molti imprenditori e anche molti giovani che entrano nel mercato del lavoro sono guidati dal mito della Silicon Valley. Sognano di fondare una unicorn company, cioè start-up valutata più di 1 miliardo di dollari sul mercato azionario, e inseguono l’etica del successo e del profitto.
Ma sappiamo bene tutti che dietro la ricchezza di queste piattaforme si nascondono nuove forme di sfruttamento, come quella dei gig worker che soffrono di una una generale mancanza di potere contrattuale. Ma del resto, i gig workers non sono i primi a sperimentare la saltuarietà dei “lavoretti”, la difficoltà di accedere alle protezioni sociali e l’insicurezza di reddito. Ben prima dei gig worker, gli artisti hanno sempre affrontato gli stessi problemi. Gli artisti sono i primi gig workers, come indica la parola stessa “gig” – da “engagement”, che nelle arti dello spettacolo è una performance associata a un singolo contratto e quindi unica e occasionale.
Per risolvere i loro problemi, gli artisti hanno inventato le cooperative di autogestione
Per ottenere riconoscimento professionale e contratti più stabili, gli artisti europei hanno fondano cooperative di dagli anni ’80. Nelle cooperative di spettacolo, i soci come lavoratori hanno rapporti di lavoro più costanti. Infatti quando vengono assunti come dipendenti dalla cooperativa accedono anche ai meccanismi di protezione sociale. Al contempo gli artisti organizzano le cooperative per mantenere un certo livello di libertà ed essere autonomi nell’esecuzione del loro lavoro. Per questo motivo tali cooperative prendono anche il nome di cooperative di autogestione. Nel corso degli anni questo modello ha attratto anche lavoratori diversi dagli artisti, come tutti i lavoratori abituati a lavorare con un alto livello di indipendenza, dai freelance ai gig worker.
Una delle prime cooperative a sperimentare questo modello cooperativo è l’italiana Doc Servizi. La cooperativa è fondata nel 1990 da un gruppo di musicisti che vogliono ottenere un lavoro dignitoso e combattere il lavoro nero. Oggi Doc Servizi fa parte di una rete di 7 società che copre tutte le professioni dell’industria culturale e creativa. Nel 2019 la Rete Doc contava oltre 8.400 soci in Italia e un fatturato di 70 milioni di euro. Nel corso degli anni i soci della cooperativa hanno scelto di investire per ampliare le prestazioni di cui mutualizzano. Questo ha permesso loro di migliorare le proprie competenze e offrire migliori servizi ai propri clienti. La cooperativa organizza centralmente tutte le attività e le gestisce con una piattaforma digitale. Inoltre, riunendo lavoratori solitamente frammentati nel mercato del lavoro, Doc Servizi ha anche iniziato a farsi portavoce delle istanze dei propri soci con il supporto della Fondazione Centro Studi Doc.
Uno sguardo al mondo: casi di cooperative di autogestione sempre nel mondo dello spettacolo
Con lo stesso scopo di garantire ai suoi soci-lavoratori lo status di dipendenti e di fornire loro un ambiente di lavoro sicuro e protetto, nel 1997 a Helsinki un gruppo di musicisti e produttori fonda la cooperativa Lilith. Oggi è la più grande cooperativa nel campo artistico della Finlandia. Nel 1998 a Bruxelles, Smart nasce come un’associazione che offre una piattaforma per semplificare la fatturazione delle attività degli artisti. Oggi è una cooperativa che lavora anche con 26.000 freelance e lavoratori su piattaforma in 8 paesi europei.
Andando oltre i confini europei, altri esempi interessanti di cooperazione tra artisti sono le piattaforme cooperative nordamericane Stocksy e Ampled. La prima riunisce oltre 1.000 fotografi di tutto il mondo. La seconda offre accesso a sistemi di crowdfunding etici per musicisti. A differenza di altre aziende che operano nello stesso settore, essendo cooperative, entrambe si concentrano sull’offerta di una paga equa e sul riconoscimento dei diritti d’autore per garantire carriere sostenibili ai soci.
Le cooperative di auto-gestione hanno avuto successo in numerosi settori
Un altro esempio di cooperativa di autogestione ma che si trova al di fuori del campo artistico è la Cooperativa di Attività e di Impiego (CAE). Il modello delle CAE nasce in Francia nel 1994 per affrontare l’isolamento di molti neo-imprenditori. La cooperativa offre una valida alternativa alla creazione di un’impresa individuale, ovvero entrare nella cooperativa per testare la fattibilità del loro business. La CAE supporta gli imprenditori offrendo gestione legale, amministrativa e contabile, educazione all’imprenditorialità. Questo modello è stato poi esportato in Svizzera (Neonomia) e in Repubblica Ceca (BEC Druztsvo). È anche in corso un progetto di sviluppo del modello in Nord Africa.
Inoltre, negli ultimi anni, lavoratori di diversi settori hanno fondato cooperative riconducibili al modello della cooperativa di autogestione. In Slovenia, giovani traduttori hanno fondato la Soglasnik Language Cooperative per garantire un’equa retribuzione sul mercato linguistico sloveno e combattere le condizioni precarie dei lavoratori. In Olanda, alcuni giornalisti hanno creato De Coöperatie per mutualizzare risorse, opportunità e media. In tutto il mondo occidentale, i rider decidono di creare cooperative per avere sia contratti di lavoro migliori che libertà di gestire il loro tempo (vedi CoopCycle e la sua rete). In Belgio, RCOOP offre una soluzione innovativa per legalizzare l’attività economica dei parrucchieri migranti sostenendone l’auto-imprenditorialità all’interno della cooperativa.
Le caratteristiche principali delle cooperative di autogestione
Cosa hanno in comune le cooperative descritte?
- Tutte migliorano le condizioni di lavoro dei soci offrendo servizi condivisi (amministrazione, uffici condivisi, lifelong learning, etc.), mutualizzando i costi e le opportunità.
- Nelle cooperative i soci accedono a carriere più sostenibili mantenendo nel contempo un certo livello di indipendenza nella gestione del loro lavoro.
- Le cooperative sostengono sia lo sviluppo dell’attività dei singoli sia la costruzione di comunità di lavoratori.
- Quando i lavoratori solitamente isolati sul mercato del lavoro entrano in una cooperativa hanno la possibilità di esercitare meglio i loro diritti di rappresentanza, e se sono dipendenti della cooperativa possono anche essere protetti dai contratti collettivi.
- Infine, ma non meno importante, quando la cooperativa fa uso della tecnologia, questa viene utilizzata per realizzare i bisogni dei soci ed è costruita attorno a questi bisogni.
Questi cinque punti riuniscono le caratteristiche di una cooperativa di autogestione. Hyungsik Eum, autore di All for one, una pubblicazione del 2019 di CECOP, ha identificato lo stesso modello con il nome di cooperative di lavoratori indipendenti.
Il contro-mito cooperativo: la Pegasus company
Pegaso è il cavallo alato della tradizione greca ed è europeo come europee sono le cooperative, nate nel Regno Unito nel 1844. Inoltre, i miti narrano che Pegaso è fedele al suo cavaliere (Bellerofonte) come la cooperativa è fedele alla persona che mette al centro, invece della logia del profitto. Pegaso ha anche due ali, una rappresenta la tecnologia, necessaria per essere competitivi sul mercato, l’altra è la capacità di connettere persone solitamente isolate sul mercato del lavoro.
Secondo la mitologia greca alla fine della sua vita Pegaso decide di volare nella parte più alta del cielo e si trasforma in una nuvola di stelle scintillanti. Pegaso diventa allora una costellazione. E una costellazione è come la rete di persone che formano la cooperativa: se si toglie anche una sola stella, non c’è più una costellazione ma solo una massa di stelle.
Ma in quanto costellazione Pegaso cambia anche la forma del cielo perché diventa visibile a tutti. Così come dovrebbero essere visibili le cooperative, le Pegasus company. Bisogna mostrare a tutti che un’alternativa all’etica del successo e del profitto esiste, ed è quella che porta avanti il mondo della cooperazione.