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Nel servizio “Vite a domicilio” di Presadiretta sull’impatto negativo dell’e-commerce su ambiente e mondo del lavoro, il cooperativismo di piattaforma è stato raccontato come risposta possibile per restituire dignità ai lavoratori.

Presadiretta: “Vite a domicilio”
Lunedì 20 gennaio quasi 1,5 milioni di telespettatori hanno seguito la puntata di Presadiretta in onda su Rai 3 che ha trasmesso il servizio “Vite a domicilio”. Il servizio di Teresa Paoli ha descritto il rapporto tra la soddisfazione delle nostre richieste attraverso consegne a domicilio e l’impatto sull’ambiente e il mondo del lavoro.
Il titolo “Vite a domicilio” si riferisce alla crescita del numero di persone che scelgono di acquistare beni con un click. Una scelta che cambia il modo di consumare con effetti su tre livelli: ambiente, commercio e lavoratori.
L’economia on demand produce infatti una quantità enorme di rifiuti e di emissioni CO2 che lo rendono una pratica poco sostenibile. Un fenomeno particolarmente impattante è la pratica “destroy” di Amazon che elimina tutti i beni invenduti (perché costa meno distruggere i beni, anche nuovi, piuttosto che regalarli).
Inoltre, il commercio locale risulta danneggiato dall’e-commerce. Se le consegne forniscono i beni che offrono le attività commerciali del luogo i negozi rischiano di chiudere. Un’abitudine che può avere effetti destabilizzanti soprattutto nei piccoli paesi.
I drivers e i riders, detti anche “lavoratori dell’ultimo miglio”, cioè coloro che consegna pacchi e cibo a domicilio a loro volta patiscono l’economia on demand. Le condizioni di lavoro si basano su pratiche come il cottimo e quelli che dovrebbero essere i datori di lavoro non offrono nessun tipo di garanzie e tutele. Una situazione raccontata anche in Sorry we missed you, ultimo film di Ken Loach. Autore e regista intervistato anche da Teresa Paoli.
La cooperazione come speranza e opportunità
Ma siamo davvero obbligati a subire tutto questo? Non esistono alternative per i lavoratori?
Alla fine del servizio trasmetto su Presadiretta, Teresa Paoli ha deciso di dedicare uno spazio anche alle realtà che hanno scelto un’altra strada rispetto a quella dei colossi della gig economy. Si tratta del modello del cooperativismo di piattaforma.
Teresa Paoli lo racconta attraverso le interviste alle cooperative belghe di riders, come Urbike, e alla cooperativa francese CoopCycle. Sono piattaforme cooperative che hanno una filosofia diversa da quella dei grandi players. Ponendo al centro i lavoratori, le cooperative garantiscono un contratto a ore, le tutele necessarie per lavorare, turni che rispettino i tempi di vita e lavoro.
La tecnologia, come spiega Trebor Scholz, fondatore del movimento di cooperativismo di piattaforma negli Stati Uniti nel 2014, è posseduta dai lavoratori e quindi strumento al loro servizio. I lavoratori si muovono in un contesto democratico. La ricchezza è ridistribuita in modo equo e così le paghe sono anche superiori rispetto a quelle dei grandi player.
Tra gli attori che hanno cercato di creare migliori condizioni di lavoro per i riders anche Smart Belgium. La cooperativa, che mutualizza servizi a favore dei freelance e che ha al suo interno anche numerosi ciclo-fattorini, per un certo periodo ha anche negoziato con le piattaforme di distribuzione di cibo migliori condizioni di lavoro per i riders. Almeno fino a quando le piattaforme digitali non hanno fatto saltare il contratto, come spiega a Presadiretta l’ex-amministratore delegato Sandrino Graceffa.
“La protezione sociale deve essere un bene comune”
Sandrino Graceffa, Smart Belgium
Ci sono esempi in Italia?
A Presadiretta non manca un riferimento all’Italia. Teresa Paoli cita la storica Doc Servizi. Oggi con 34 filiali in Italia, un fatturato di circa 50 milioni di euro, Doc Servizi è il nodo di una rete di otto società che riuniscono tutti i lavoratori delle industrie culturali e creative. La cooperativa veronese dal 1990 riunisce i lavoratori dello spettacolo, della cultura e della creatività. Insieme per ottenere migliori condizioni di lavoro rispetto a quelle del mercato, in Doc Servizi gli artisti riescono a ottenere una continuità lavorativa e accesso alle tutele dei lavoratori che da soli non avrebbero. La cooperazione è allora un’alternativa all’isolamento, allo sfruttamento e all’assenza di diritti.
Una strada che vuole percorrere anche Food4me, una neonata cooperativa di riders con sede a Verona. L’obiettivo degli otto riders fondatori è quello di ottenere le tutele e i diritti fondamentali dei lavoratori.